FCA deve produrre in Italia per avere il nuovo prestito statale: è davvero così?

FCA deve produrre in Italia per avere il nuovo prestito statale: è davvero così?
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Il Gruppo FCA non sta di certo vivendo il momento di massimo splendore della sua storia. Il Coronavirus lo ha piegato ulteriormente, destino comune anche ad altri brand, motivo per cui al nostro governo sono stati chiesti 6,3 miliardi di euro in prestito.

Una cifra tutt'altro che irrisoria, che ovviamente ha sollevato anche polemiche e malumori, il governo però (che copre le garanzie per l'80% del totale) non l'ha concessa senza condizioni, anzi. Innanzitutto il Gruppo FCA si è impegnato a non delocalizzare la produzione e a investire nelle fabbriche italiane per 8 progetti su 10, un aspetto sicuramente positivo per i lavoratori italiani. Inoltre il governo ha anche blindato i marchi italiani del gruppo e la partecipazione in Sevel, che non potranno essere venduti in alcun modo.

Tutto fantastico, oppure no? Il Fatto Quotidiano ha scoperto come in realtà l'obbligo di non delocalizzare la produzione non valga per i nuovi modelli oppure nuove generazioni basate su piattaforme differenti. Significa che FCA ha le mani legate solo sui progetti attualmente esistenti, il che lascia comunque ampio spazio di manovra industriale per prossime lavorazioni all'estero. Il rischio è che i progetti attuali vengano prima o poi dismessi, per essere riavviati altrove, con i due restanti del patto che potrebbero avere nel nostro Paese solo progettazione e sviluppo, non l'assemblaggio. Le nuvole della delocalizzazione della produzione FCA dunque restano nere all'orizzonte, vedremo cosa ci riserverà il prossimo futuro...