Cinque splendide auto che non hanno avuto successo

Cinque splendide auto che non hanno avuto successo
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Bello e impossibile cantava la Nannini, una definizione che ben si addice alle cinque auto che andremo a raccontare e che nascono da idee tanto visionarie da rendere complessa la loro realizzazione. Tutti questi modelli si rileveranno un'emorragia di denaro per le rispettive case produttrici; promosse dal gusto, bocciate senza appello dal mercato.

TVR Griffith 500

Prodotta dal 1991 al 2002 la Griffith 500 riprendeva la storia e la filosofia delle sue omonime antecedenti 200 e 400 prodotte negli anni Sessanta: un'auto sportiva in fibra di vetro, 2 porte e 2 posti con un motore V8. Originariamente, montava un motore Rover V8 4.0 litri da 240 CV, che poteva essere opzionalmente aumentato a 280 CV.
Nel 1993, con la versione 5.0R la potenza aumentò a 340 CV. Un'azienda che di lì a poco - nonostante si fosse affermata come produttrice di vetture sportive - sarà costretta a chiudere per sempre la fabbrica di Bristol Avenue (Blackpool) e licenziare i suoi 400 dipendenti perché "i costi di produzione erano troppo elevati e la domanda troppo ridotta per garantire un qualche profitto all'attività".

Saab 9000

Dopo la riuscita 900 alla Saab si decide di alzare l'asticella e viene chiesto al designer italiano Giorgetto Giugiaro di disegnare la prima auto di lusso del marchio svedese: la 9000. Con questo modello gli ingegneri puntano a raggiungere i più alti standard in termini di prestazioni, tenuta di strada, comfort, sicurezza e stile. Capace di toccare i 220 km/h e di andare da 0-100 km/h in 7,85 secondi, la 9000 è una luxury car che sa andare veloce.
Questi prodotti sono però sempre più costosi da progettare e mettere sul mercato e così la fine degli anni Ottanta è un'era segnata dalle fusioni. I dirigenti della Saab si rendono conto di aver bisogno di aiuto per poter sopravvivere e guardano all'America. La Ford riesce a battere la concorrenza degli storici rivali della General Motors e ad acquistare uno dei due grandi marchi svedesi, la Volvo. La GM allora, scottata, decide di rivolgere le sue attenzioni alla Saab e i due marchi si uniscono nel 1990. Sarà l'inizio della fine per l'anticonvenzionale marchio svedese.

DeLorean DMC-12

Ideata dall’istrionico uomo del Jet Set John Z. DeLorean, disegnata dall’italiano Giorgetto Giugiaro e prodotta in Irlanda del Nord. Questi gli ingedienti della folle DeLorean DMC-12, l'auto che nella mente del suo creatore doveva essere una "magnifica auto sportiva, diversa da qualunque altra cosa fosse mai esistita in passato". Le cose poi andarono molto diversamente. La fantastica carrozzeria in acciaio INOX non verniciata e la scenografica soluzione delle portiere ad ali di gabbiano, mutuata direttamente dalle celebri frecce d'argento "Gullwing" icone degli anni Cinquanta, furono soluzioni non accompagnate da prestazioni altrettanto adeguate.

Le normative anti-inquinamento, l'eco dell'austerity e la poca flessibilità dei fornitori costrinsero DeLorean a dover ripiegare ad esempio come propulsore verso un poco brioso V6 PRV (Peugeot-Renault-Volvo) da 130 CV che si presentava totalmente inadeguato a fronte di un peso del corpo vettura pari a 1.290 kg.
Nonostante la straordinaria campagna di marketing messa in piedi da John DeLorean, la fase della vendita si rivelò drammatica per una molteplicità di fattori, con l'auto che passò a listino dai preventivati 12.000 dollari fino a toccare quota 25.000. Lontani dal "live the dream", l'accattivante slogan usato per il lancio sul mercato mondiale del suo primo modello, la neonata azienda motoristica arrivò sull'orlo del baratro, con pochi modelli prodotti, ancor meno venduti, milioni di debiti e operai in cassa integrazione. Un completo flop commerciale riscattato all’indomani del suo fragoroso fallimento solo dalla gloria cinematografica di Ritorno al Futuro.

Cizeta V16T

La Cizeta V16T nasce nel 1991 grazie alla partnership finanziaria tra l’imprenditore modenese Claudio Zampolli (che battezza il brand con le sue iniziali) e il noto compositore altoatesino Giorgio Moroder. Quest’ultimo si occupa anche di disegnare il logo prima però di abbandonare l’accordo poco dopo il lancio della vettura. La macchina con i suoi 1.700 kg di peso supera di slancio le ammiraglie di quegli anni ma i 560 CV del 6.000 V16 fanno dimenticare questo e molto altro. Attorno al gigantesco motore ruota tutta la struttura dell'auto.
Esso è alloggiato in un cofano posteriore immenso, orizzontale, largo e lungo, che domina visivamente la V16T e l’abitacolo spinto più avanti possibile, fin quasi a sembrare appoggiato sulle ruote anteriori. Le sue prestazioni poi parlano di 325 km/h di velocità massima e 4,5 secondi per scattare da 0 a 100 km/h. Fantastico infine è il design di Marcello Gandini, molto ispirato alla Lamborghini Diablo. Quando lascia Lamborghini per Cizeta-Moroder, Gandini è già arrivato infatti a un buon punto nella definizione dell'auto della Casa del Toro. Sebbene cronologicamente la V16T nasca prima della cugina di Sant’Agata Bolognese, sarà proprio lei però ad esserne considerata una “copia”. Il blasone del marchio in questa vicenda giocò un ruolo fondamentale. Dei 25 esemplari inizialmente previsti, ne saranno ultimati solo 8 prima che la sua storia si interrompa per sempre nel 1995 per bancarotta.

Jaguar XJ220

Attingendo dal progetto XJ13 - il primo V12 costruito in Jaguar - i tecnici volevano creare un modello con meccanica leggera e prestazioni esaltanti. La dirigenza Jaguar dopo un periodo di incertezza decise di mostrare l’automobile al British Motor Show del 1988. Alla presentazione, in cui fu presentata come una show-car, la casa del giaguaro fu subissata dalle richieste. In quel periodo il marchio stava passando nelle mani del gruppo Ford e, dato che non c’era nessun nuovo modello Jaguar in presentazione, la cordata entrante decise di produrre il mezzo come biglietto da visita tecnologico della nuova dirigenza.

La strada verso la produzione si rivelò però tutt’altro che semplice e l’auto fu prodotta al prezzo di molte rinunce: su tutte quel V12 troppo ingombrante e costoso in favore di un V6. Nonostante il motore V6 fosse addirittura più potente del V12 originario, il modello di produzione appariva diverso dal prototipo e questo alimentò il malcontento dei facoltosi acquirenti e in molti richiesero indietro il deposito di prenotazione. La vettura infine prodotta nel 1992 fu comunque bellissima e fece onore al suo nome, 220 (sta per 220 mph, circa 350Km/h). Sul circuitò di Nardò stabilì il record di velocità per auto di produzione sfiorando i 350Km/h e detenne il record sul giro del vecchio Nurburgring dal 1992 al 2000 ma, alla fine della sua complicata gestazione, delle 350 vetture previste ne furono vendute solamente 281.