Chi segue il mondo automotive lo sa bene: tutto è in subbuglio. Da una parte si bloccano i motori diesel (siamo arrivati persino agli Euro 6 nella città di Roma), dall'altra si tenta timidamente di sponsorizzare le nuove auto elettriche, che per una larga parte di pubblico costano ancora troppo per diventare davvero appetibili. Nel mezzo si sta sviluppando, in maniera quasi parallela, un interessante mercato: quello relativo alla micromobilità elettrica, che vede biciclette a pedalata assistita e monopattini elettrici in prima linea. Se le prime non stanno riscontrando poi troppi problemi a livello legislativo, lo stesso non si può dire dei secondi, sui quali ormai ogni settimana esce una nuova notizia - con gli utenti sempre più confusi a riguardo.
Se all'inizio "è stato il boom", con città come Torino e Milano invase da monopattini a noleggio (che certamente hanno contribuito a far conoscere questi nuovi mezzi a zero emissioni), successivamente è arrivato lo stop dal governo e l'inizio di una sperimentazione con molte ombre e pochissime luci. A fine dicembre 2019 poi l'uscita dal tunnel, con i monopattini elettrici equiparati alle normali biciclette, con relativa possibilità di circolare normalmente in strada entro i 25 km/h, tutto questo però rischia di scomparire di nuovo per una nuova iniziativa dei nostri governanti. Chi vi scrive guida un monopattino elettrico già da un po' di tempo, lo usa quasi tutti i giorni per le strade di Milano, motivo per cui oggi cerchiamo dunque di fare il punto della situazione, se sia giusto o meno equiparare questi dispositivi alle bici, se sia meglio creare una sperimentazione ad hoc oppure se si sta puntando il dito sul problema sbagliato.
Sono i monopattini elettrici il vero problema?
Milano è certamente una città dalle ampie vedute, di monopattini elettrici di proprietà se ne vedono sempre di più, soprattutto in questo 2020 dopo l'equiparazione con le biciclette. Parliamo effettivamente di device dal grandissimo potenziale, in grado in alcuni casi di rimpiazzare tranquillamente un altro mezzo di trasporto, pubblico o privato che sia, facendoci muovere a zero emissioni con la possibilità di ricaricare la batteria a casa, in tutta tranquillità e a costo quasi zero - salvo "l'investimento iniziale" una tantum per l'acquisto del monopattino, per il quale si possono spendere mediamente dai 300 agli 800 euro. Sulla carta possono certamente essere paragonati alle normali biciclette, per l'ingombro stradale ma anche in virtù del limite di velocità imposto per legge a 25 km/h - e non è raro che qualche ciclista a volte ci superi a questa velocità, quindi non è questo il punto della questione. Il vero nodo cruciale sta forse nella novità del mezzo, ovvero: impariamo sin da piccoli ad andare in bicicletta, il monopattino elettrico invece è un mezzo di trasporto totalmente diverso, che ha bisogno di essere capito prima di esser portato alla perfezione. Ed è proprio su questo che dovrebbe puntare il governo, sulla guida pratica.
Per guidare in modo sicuro è necessario sapere come un determinato monopattino accelera, in che modo frena e in quanti metri, come reagisce a eventuali buche, alle rotaie del tram e quant'altro. Tutte cose che non si possono improvvisare, motivo per cui talvolta chi prende un monopattino a noleggio può eseguire manovre che risultino azzardate per se stesso come per i normali utenti della strada a due e quattro ruote - o finire in strade ad alto scorrimento in cui non si dovrebbe andare. Attenzione però, perché il pericolo arriva semmai dal conducente, non dal monopattino stesso, capire questo concetto è fondamentale alla sopravvivenza di questi veicoli sul mercato.
Guardare la luna, non colui che la indica col dito
Immaginate una persona che prenda una macchina, anche piccola, una citycar magari, e provi a guidarla per le strade di una grande città senza aver conseguito la patente. Sarebbe estremamente pericoloso, ovvio; la pericolosità però non deriverebbe dall'automobile in sé ma dal conducente senza patente, che non ha la corretta conoscenza ed esperienza per guidarla. Seppur si tratti di un'iperbole, con i monopattini elettrici è uguale: bisogna educare le persone a guidarli correttamente, non bandire il loro utilizzo oppure confinarlo in zone "chiuse". Questo era proprio l'errore principale della sperimentazione ideata a fine 2019, che confinava i monopattini nelle zone a 30 km/h e lungo le piste ciclabili. Un errore colossale, che potenzialmente poteva (e può ancora) distruggere la loro esistenza commerciale. Se in un tragitto di 4 km, per esempio, ho solo 1 km di pista ciclabile e il resto va fatto trascinando il monopattino elettrico a mano si perde tutta la comodità del mezzo, si ammazza l'esperienza, e si costringe la gente a lasciare tutto a casa (o a non acquistare nulla).
Inoltre la sperimentazione non era uniforme ma andava approvata da ogni singolo Comune, che poi pensava a determinate e personalizzate regole. Il caos più totale. Ora il governo sta ripensando a rimettere in pista proprio questa sperimentazione, spinto dai produttori di biciclette, anche se non sarà semplice ignorare la legge 160 del 27 dicembre scorso. Pensiamo invece, poiché le pressioni esterne sono soprattutto "politiche" anziché pratiche, che bisognerebbe invece spendere nuove energie per informare il pubblico che voglia approcciarsi alla micromobilità, così come punire i trasgressori delle regole più comuni.
Chi guida un monopattino elettrico infatti "non ha sempre ragione": nella nostra esperienza abbiamo visto usare i monopattini a velocità sostenuta anche in zone pedonali ad alta densità, come Corso Vittorio Emanuele II a Milano, un'azione errata che va assolutamente sanzionata. La responsabilità però è personale, di chi infrange le regole (nelle zone pedonali infatti non si può andare oltre i 6 km/h, e a dirla tutta sarebbe ancora meglio procedere del tutto a piedi), non dei monopattini elettrici. Non si deve limitare tutti per educare poche mele marce, bisogna al contrario educare tutti e redarguire chi non rispetta le regole basilari, come succede per qualsiasi automobilista o ciclista (neppure loro hanno sempre ragione...).
Sostenere la micromobilità
La micromobilità ha un potenziale enorme che le grandi città dovrebbero sfruttare, non ostacolare, anche per ridurre in minima parte lo smog - e sappiamo bene in quale morsa siano state Milano e Roma proprio a inizio 2020. Un monopattino elettrico non inquina, è silenzioso, può farci attraversare mezza città in una manciata di minuti, portarci a lavoro o a scuola e poi ancora a casa, senza bisogno di carburanti. I migliori modelli del mercato ci permettono di percorrere anche 40 km con una sola carica, con potenze sufficienti per affrontare anche salite di discreta pendenza o farci trasportare una busta della spesa come uno zaino pieno di libri - e senza farci arrivare a destinazione madidi di sudore. Sono oggetti che ogni governo dovrebbe sostenere, magari anche migliorando la rete delle piste ciclabili, altro tema chiave.
Sempre a Milano non tutte le piste ciclabili sono in ottime condizioni, una situazione magari comune anche a molte altre città italiane, e con i monopattini elettrici tutti i più piccoli difetti dell'asfalto vengono amplificati dalla piccolezza delle ruote e dalla poca efficacia degli ammortizzatori (che spesso sono del tutto assenti, fra l'altro). Bisognerebbe dunque investire sulla loro ristrutturazione, sulla costruzione di nuovi segmenti di raccordo, così da incentivare ancora di più l'uso di biciclette e dispositivi di micromobilità. Anche se non sembra, i monopattini elettrici stanno stuzzicando un nervo scoperto che riguarda in pieno la nostra cultura, motivo per cui sarà fondamentale rispondere in modo adeguato e non oscurantista.
Tutta colpa dei monopattini elettrici? Cosa fare per non rimanere indietro
Dopo l'equiparazione alle biciclette torna l'ombra della sperimentazione: cosa fare per non rimanere indietro rispetto al resto del mondo.
Chi segue il mondo automotive lo sa bene: tutto è in subbuglio. Da una parte si bloccano i motori diesel (siamo arrivati persino agli Euro 6 nella città di Roma), dall'altra si tenta timidamente di sponsorizzare le nuove auto elettriche, che per una larga parte di pubblico costano ancora troppo per diventare davvero appetibili. Nel mezzo si sta sviluppando, in maniera quasi parallela, un interessante mercato: quello relativo alla micromobilità elettrica, che vede biciclette a pedalata assistita e monopattini elettrici in prima linea. Se le prime non stanno riscontrando poi troppi problemi a livello legislativo, lo stesso non si può dire dei secondi, sui quali ormai ogni settimana esce una nuova notizia - con gli utenti sempre più confusi a riguardo.
Se all'inizio "è stato il boom", con città come Torino e Milano invase da monopattini a noleggio (che certamente hanno contribuito a far conoscere questi nuovi mezzi a zero emissioni), successivamente è arrivato lo stop dal governo e l'inizio di una sperimentazione con molte ombre e pochissime luci. A fine dicembre 2019 poi l'uscita dal tunnel, con i monopattini elettrici equiparati alle normali biciclette, con relativa possibilità di circolare normalmente in strada entro i 25 km/h, tutto questo però rischia di scomparire di nuovo per una nuova iniziativa dei nostri governanti. Chi vi scrive guida un monopattino elettrico già da un po' di tempo, lo usa quasi tutti i giorni per le strade di Milano, motivo per cui oggi cerchiamo dunque di fare il punto della situazione, se sia giusto o meno equiparare questi dispositivi alle bici, se sia meglio creare una sperimentazione ad hoc oppure se si sta puntando il dito sul problema sbagliato.
Sono i monopattini elettrici il vero problema?
Milano è certamente una città dalle ampie vedute, di monopattini elettrici di proprietà se ne vedono sempre di più, soprattutto in questo 2020 dopo l'equiparazione con le biciclette. Parliamo effettivamente di device dal grandissimo potenziale, in grado in alcuni casi di rimpiazzare tranquillamente un altro mezzo di trasporto, pubblico o privato che sia, facendoci muovere a zero emissioni con la possibilità di ricaricare la batteria a casa, in tutta tranquillità e a costo quasi zero - salvo "l'investimento iniziale" una tantum per l'acquisto del monopattino, per il quale si possono spendere mediamente dai 300 agli 800 euro. Sulla carta possono certamente essere paragonati alle normali biciclette, per l'ingombro stradale ma anche in virtù del limite di velocità imposto per legge a 25 km/h - e non è raro che qualche ciclista a volte ci superi a questa velocità, quindi non è questo il punto della questione. Il vero nodo cruciale sta forse nella novità del mezzo, ovvero: impariamo sin da piccoli ad andare in bicicletta, il monopattino elettrico invece è un mezzo di trasporto totalmente diverso, che ha bisogno di essere capito prima di esser portato alla perfezione. Ed è proprio su questo che dovrebbe puntare il governo, sulla guida pratica.
Per guidare in modo sicuro è necessario sapere come un determinato monopattino accelera, in che modo frena e in quanti metri, come reagisce a eventuali buche, alle rotaie del tram e quant'altro. Tutte cose che non si possono improvvisare, motivo per cui talvolta chi prende un monopattino a noleggio può eseguire manovre che risultino azzardate per se stesso come per i normali utenti della strada a due e quattro ruote - o finire in strade ad alto scorrimento in cui non si dovrebbe andare. Attenzione però, perché il pericolo arriva semmai dal conducente, non dal monopattino stesso, capire questo concetto è fondamentale alla sopravvivenza di questi veicoli sul mercato.
Guardare la luna, non colui che la indica col dito
Immaginate una persona che prenda una macchina, anche piccola, una citycar magari, e provi a guidarla per le strade di una grande città senza aver conseguito la patente. Sarebbe estremamente pericoloso, ovvio; la pericolosità però non deriverebbe dall'automobile in sé ma dal conducente senza patente, che non ha la corretta conoscenza ed esperienza per guidarla. Seppur si tratti di un'iperbole, con i monopattini elettrici è uguale: bisogna educare le persone a guidarli correttamente, non bandire il loro utilizzo oppure confinarlo in zone "chiuse". Questo era proprio l'errore principale della sperimentazione ideata a fine 2019, che confinava i monopattini nelle zone a 30 km/h e lungo le piste ciclabili. Un errore colossale, che potenzialmente poteva (e può ancora) distruggere la loro esistenza commerciale. Se in un tragitto di 4 km, per esempio, ho solo 1 km di pista ciclabile e il resto va fatto trascinando il monopattino elettrico a mano si perde tutta la comodità del mezzo, si ammazza l'esperienza, e si costringe la gente a lasciare tutto a casa (o a non acquistare nulla).
Inoltre la sperimentazione non era uniforme ma andava approvata da ogni singolo Comune, che poi pensava a determinate e personalizzate regole. Il caos più totale. Ora il governo sta ripensando a rimettere in pista proprio questa sperimentazione, spinto dai produttori di biciclette, anche se non sarà semplice ignorare la legge 160 del 27 dicembre scorso. Pensiamo invece, poiché le pressioni esterne sono soprattutto "politiche" anziché pratiche, che bisognerebbe invece spendere nuove energie per informare il pubblico che voglia approcciarsi alla micromobilità, così come punire i trasgressori delle regole più comuni.
Chi guida un monopattino elettrico infatti "non ha sempre ragione": nella nostra esperienza abbiamo visto usare i monopattini a velocità sostenuta anche in zone pedonali ad alta densità, come Corso Vittorio Emanuele II a Milano, un'azione errata che va assolutamente sanzionata. La responsabilità però è personale, di chi infrange le regole (nelle zone pedonali infatti non si può andare oltre i 6 km/h, e a dirla tutta sarebbe ancora meglio procedere del tutto a piedi), non dei monopattini elettrici. Non si deve limitare tutti per educare poche mele marce, bisogna al contrario educare tutti e redarguire chi non rispetta le regole basilari, come succede per qualsiasi automobilista o ciclista (neppure loro hanno sempre ragione...).
Sostenere la micromobilità
La micromobilità ha un potenziale enorme che le grandi città dovrebbero sfruttare, non ostacolare, anche per ridurre in minima parte lo smog - e sappiamo bene in quale morsa siano state Milano e Roma proprio a inizio 2020. Un monopattino elettrico non inquina, è silenzioso, può farci attraversare mezza città in una manciata di minuti, portarci a lavoro o a scuola e poi ancora a casa, senza bisogno di carburanti. I migliori modelli del mercato ci permettono di percorrere anche 40 km con una sola carica, con potenze sufficienti per affrontare anche salite di discreta pendenza o farci trasportare una busta della spesa come uno zaino pieno di libri - e senza farci arrivare a destinazione madidi di sudore. Sono oggetti che ogni governo dovrebbe sostenere, magari anche migliorando la rete delle piste ciclabili, altro tema chiave.
Sempre a Milano non tutte le piste ciclabili sono in ottime condizioni, una situazione magari comune anche a molte altre città italiane, e con i monopattini elettrici tutti i più piccoli difetti dell'asfalto vengono amplificati dalla piccolezza delle ruote e dalla poca efficacia degli ammortizzatori (che spesso sono del tutto assenti, fra l'altro). Bisognerebbe dunque investire sulla loro ristrutturazione, sulla costruzione di nuovi segmenti di raccordo, così da incentivare ancora di più l'uso di biciclette e dispositivi di micromobilità. Anche se non sembra, i monopattini elettrici stanno stuzzicando un nervo scoperto che riguarda in pieno la nostra cultura, motivo per cui sarà fondamentale rispondere in modo adeguato e non oscurantista.
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