Red Bull Racing: storia del team che ha messo le ali alla Formula 1

Dalla visione di Mateschitz e Marko nasce il team che in meno di vent'anni ha ridisegnato le regole della F1 dentro e fuori la pista.

Red Bull Racing: storia del team che ha messo le ali alla Formula 1
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Nel recente documentario Lucky diffuso in Italia dall'emittente DAZN, dedicato alla figura di Bernie Ecclestone, a precisa domanda dell'intervistatore a proposito di quali team l'ex boss della F1 ritenesse imprescindibili per la Formula 1 di oggi egli ha risposto senza esitazione: "Ferrari e Red Bull".
Se nessuno rimane sorpreso dal nome Ferrari, in molti potrebbero invece esserlo per il team che porta la denominazione di una ormai arcinota bevanda energetica e che è entrato a far parte del Circus della F1 solo nel nuovo Millennio, più precisamente nel 2005, ovvero ben 55 anni dopo la Rossa modenese, raccogliendo l'umile eredità della fallimentare esperienza quinquennale della Jaguar-Ford e creando dalle sue macerie una squadra in grado di ottenere la bellezza di 11 titoli mondiali fra piloti e costruttori in neanche vent'anni di attività. Addentriamoci allora più a fondo nel miracolo Red Bull.

La visione di Mateschitz e Marko

Il DNA sportivo dell'austriaca Red Bull affonda le origini nei lontani anni Sessanta, nella figura del pilota di Formula 1 Jochen Rindt, il primo austriaco a laurearsi campione del mondo. Un'incoronazione però tragica, dato che - primo e unico caso nella storia della F1 - sarà postuma. Sì perché Jochen Rindt scomparirà per sempre durante le prove libere del GP di Monza 1970, proprio nella stagione perfetta nella quale aveva ottenuto ben cinque successi a bordo dell'imprendibile Lotus 72. A raccogliere l'eredità leggendaria di quello che per loro rimarrà sempre un idolo contribuiranno molti anni dopo gli austriaci Dietrich Mateschitz ed Helmut Marko.

Il primo, nato alla fine della Seconda Guerra mondiale, ha studiato marketing a Vienna e nel 1984 ha avuto l'illuminazione di iniziare a commercializzare la Krating Daeng, una bevanda energetica che egli aveva scoperto durante un viaggio d'affari ad Hong Kong. Nasce così la Red Bull. La sua passione per gli eventi estremi unita a un'abilità di marketing fuori dall'ordinario ha fatto sì che nel corso degli anni il magnate abbia associato il nome Red Bull a ogni tipo di evento sportivo estremo, con una particolare predilezione per il Motorsport. Mateschitz incontra la F1 per la prima volta al GP d'Austria 1985 mentre nel 1989 sigla un accordo con il pilota austriaco Gerhard Berger. Quest'ultimo diventa così il primo pilota a essere sponsorizzato da Red Bull. È il primo step ufficiale di Mateschitz in F1, il quale poi nel 1995 compirà un ulteriore passo sponsorizzando per intero le fiancate della Sauber blu guidata quella stagione dai tedescofoni Karl Wendlinger ed Heinz Harald Frentzen. L'influenza di Rindt è più diretta per quanto riguarda l'altro nostro personaggio: Helmut Marko, pilota come lui. Per il nativo di Graz vi sono 9 gare di F1 disputate con la BRM tra il 1971 e il 1972 e una 24 Ore di Le Mans conquistata nel 1971.

La sua storia nelle corse si interromperà per sempre al GP di Francia 1972 quando una pietra sparatagli contro la visiera dalla Lotus di Emerson Fittipaldi finirà per compromettergli definitivamente la vista dall'occhio sinistro. Egli sarà poi negli anni manager degli austriaci Berger e Wendlinger e, come Mateschitz, una costante presenza nel paddock della F1. L'amicizia tra i due divenne definitivamente business nel 1999 quando il team di Formula 3000 RSM Marko venne ribattezzato Red Bull Junior Team, con l'obiettivo di portare giovani piloti alla ribalta nelle maggiori categorie automobilistiche.

Nasce il Red Bull Racing Team

Dopo diversi alti e bassi nei rapporti con Peter Sauber, patron dell'omonimo team di F1 a lungo sponsorizzato dalla bibita energetica austriaca, Mateschitz decide nel 2004 che è giunto il momento di possedere un team tutto suo e mette gli occhi sulla Jaguar, team che egli rileva per la simbolica cifra di un solo dollaro. Nel novembre di quell'anno inizia dunque ufficialmente l'avventura della Red Bull in F1.

Manca solo un team principal che rappresenti la mentalità aggressiva e propositiva del magnate austriaco. Su suggerimento di Marko egli trova il rappresentante perfetto, il giovane Christian Horner, 31enne allora sconosciuto al grande pubblico ma che aveva alle spalle diversi successi in Formula 3000 con il team Arden International da lui fondato. Parlando dei suoi primi giorni in Red Bull egli ricorda a proposito dei due boss austriaci "they gave me the keys and said ‘get on with it'". La Red Bull equipaggiata in quella prima stagione con motore Ford-Cosworth ebbe fin da subito un esordio stellare con i due piloti, lo scozzese veterano David Coulthard e il giovane austriaco Christian Klein costantemente in grado di raccogliere punti iridati. Ma l'impatto maggiore di Red Bull fu fuori dalla pista, dove il marchio austriaco fu capace di ridisegnare gli standard di cosa volesse dire essere un team di F1 portando un nuovo e giovanile modo di fare in un paddock tradizionalmente chiuso e conservatore.
Il primo podio arriverà l'anno dopo, nel 2006, nel glamour GP di Monaco con David Coulthard e una livrea personalizzata - una costante anche questa nel corso degli anni - dedicata al film Superman Returns. Un grande successo per un team che ha voluto fare le cose in grande fin da subito come mostrava il budget da 400 milioni di dollari stanziato per i primi tre anni di attività nel Circus e l'ammodernamento della fabbrica di Milton Keynes, un vero gioiello ingegneristico.

Il sistema Red Bull: giovani piloti e non solo

Klien e Liuzzi sono i primi due piloti che - solo considerando il primo anno di attività del team - arrivano in F1 grazie agli sforzi dell'Academy diretta da Marko, i primi di una lunga serie. La Red Bull vuole però più spazio per le sue stelle del futuro e allora nel 2006 Mateschitz decide di acquistare il piccolo team italiano Minardi ribattezzandolo Toro Rosso.

Il nuovo team diventerà la sorella minore di Red Bull e il luogo perfetto dove permettere ai talenti più giovani della sempre più grande famiglia RDB di mettersi in mostra. Sarà proprio nel piccolo team italo-austriaco che muoverà i primi passi Sebastian Vettel, il primo pilota nella storia a vincere un Gran Premio con un team di proprietà della Red Bull. Egli debutta nel team B a soli vent'anni, nel GP di Ungheria 2007, e con la squadra di Faenza ottiene le sue prime storiche pole e una vittoria l'anno successivo, in un magico weekend a Monza, sotto il diluvio, a soli 21 anni d'età, scioccando il mondo delle corse. Curiosamente il main team Red Bull vincerà il suo primo GP solo dopo la sorellina italo-austriaca. È infatti il GP di Cina 2009 quando Vettel (appena promosso nel team maggiore) e Mark Webber siglano una storica doppietta, ancora sotto la pioggia, la prima di 22 che si andranno ad accumulare rapidamente nel corso degli anni successivi. Il 2009 è anche la prima stagione nella quale il genio dell'aerodinamica Adrian Newey - ingaggiato nel 2006 al posto dell'allora direttore tecnico Gunther Steiner - confeziona un'auto in grado di competere per il titolo, un trionfo che sfuggirà al team in Brasile, a una sola gara dal termine della stagione.

La ex leggenda di McLaren e Williams non sbaglierà un colpo gli anni successivi approfittando del cambio regolamentare e mettendo a disposizione di Sebastian Vettel la vettura più competitiva dell'intera griglia nelle quattro stagioni successive. Nel 2010 entrambi i piloti sono in lotta per l'iride fino al finale in notturna di Abu Dhabi, al termine del quale Sebastian Vettel si laureerà campione del mondo, il più giovane della storia. Il titolo piloti e costruttori del 2010 sono solo i primi 2 di ben 8 conquistati dalla perfetta sinergia Vettel-Red Bull, con la scuderia austriaca che dominerà quasi incontrastata il mondiale di Formula 1 fino al 2013.

Con Verstappen una nuova era di trionfi

L'incredibile scalata all'iride di Sebastian Vettel riuscirà in tempi più recenti a Red Bull anche con l'olandese Max Verstappen, figlio d'arte e talento purissimo cresciuto in casa e coccolato fin dalla sua più tenera età da Helmut Marko il quale gli ha offerto il volante della Toro Rosso (dal 2020 ribattezzata Alpha Tauri) alla sconvolgente età di 17 anni.
Promosso nel team principale nel 2016 al posto del russo Kvyat l'olandese non ha perso tempo trionfando al primo colpo in Spagna e diventando il più giovane trionfatore nella storia di questo sport, togliendo il record proprio all'ex Sebastian Vettel.

Dopo i difficili primi anni della nuova era turbo-ibrida - dominata in lungo e in largo da Mercedes - la Red Bull recupera lentamente la prestazione e nel 2021 è il momento di una nuova affermazione mondiale, sempre ad Abu Dhabi e sempre al cardiopalma come avvenuto nel 2010 per Sebastian Vettel.
Un successo bissato lo scorso anno, una stagione trionfale condita dal numero record di 17 successi in 22 gare e ricompensata anche con il titolo costruttori, aggiornando così le statistiche dei titoli mondiali, ora a quota 11.

Red Bull e Ford: la sfida del futuro

La sfida, a partire dall'anno scorso, è quella di continuare a vincere - dopo l'abbandono della Honda (2019-21) - con una power unit gestita in totale autonomia prima del ritorno di Ford in Formula 1 che avverrà nel 2026, per una partnership elettrizzante annunciata nelle scorse settimane. Un ritorno al passato dato che Ford era stata la prima motorizzazione della Red Bull nel suo anno di esordio, per passare prima a Ferrari (2006) e poi a Renault (2007-2018), con la quale ha stretto fin qui la sua partnership più duratura.

Nel frattempo la Red Bull, in meno di venti anni, è diventata uno dei team più vittoriosi nella storia di questo sport grazie ai suoi 92 successi che issano il team austriaco al quinto posto all-time dietro solo ai giganti Ferrari, McLaren, Mercedes e Williams. È questo il più grande lascito di Dietrich Mateschitz, vero motore del sogno Red Bull in F1 scomparso purtroppo lo scorso ottobre, appena in tempo per vedere trionfare la sua Red Bull guidata da Max Verstappen.