Un futuro a idrogeno ed e-fuel: il Governo attacca UE e auto elettriche

La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni torna in Parlamento ad attaccare trasversalmente UE e auto 100% elettriche: ecco cosa ha detto.

Un futuro a idrogeno ed e-fuel: il Governo attacca UE e auto elettriche
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La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni è tornata a parlare di 2035 e motori elettrici in Parlamento, dopo che l'Italia assieme alla Germania e altri Paesi hanno fermato il voto sul ban relativo alle nuove auto termiche programmato fra 12 anni, e le parole sono state tutt'altro che morbide.
L'attuale Governo si aggrappa spesso all'idea che lo switch del 2035 (che di fatto riguarda solo le nuove vendite, non le auto vendute precedentemente che potranno circolare anche fino al 2050) sia una deliberata scelta politica, anche la campagna intrapresa contro il ban però risulta fortemente politicizzata. O almeno questo è ciò che si percepisce dalle parole della Presidente del Consiglio - che vi riassumiamo nei passaggi più importanti.

Le parole della Meloni sulla transizione elettrica

Secondo la Meloni, la transizione va fatta con "gradualità e realismo, perché in nome della decarbonizzazione si sta andando dritti verso la deindustrializzazione".

Passando all'elettrico così come l'UE vuole fare, si delocalizzerebbe la produzione del settore automobilistico in Paesi extra UE, magari in fabbriche che inquinano in maniera indiscriminata. Inoltre le stesse batterie delle auto possono diventare un problema di inquinamento nel momento del loro smaltimento, oppure in fase di approvvigionamento delle materie prime utili a costruirle (sono tutte parole della Meloni che stiamo parafrasando).
Per questo motivo il Governo "intende perseguire la strada della neutralità tecnologica"; si riconosce la volontà e il bisogno di voler ridurre le emissioni di CO2 da qui al 2035, secondo la Meloni però "lo stesso risultato dell'elettrico si può ottenere impiegando tecnologie come i biocarburanti, i carburanti sintetici, l'idrogeno, ambiti in cui l'Italia vanta tecnologie all'avanguardia". Questo è il motivo per cui gli incentivi auto attuali tendono a bilanciare le quote su tutta l'offerta, senza privilegiare l'elettrico al 100%.

Una chiara presa di posizione

La Presidente del Consiglio ha dunque confermato la volontà di continuare sulla strada del NO al ban delle nuove auto a partire dal 2035, "per consegnare alle generazioni future una Terra più pulita di quella che abbiamo oggi ma senza devastare l'industria e creare altri disoccupati".

Una posizione chiara, netta, che però rischia di assumere tutti i connotati di un impuntamento politico che non tiene conto di ciò che sta succedendo all'industria automotive. Un grande gruppo come Stellantis ha già individuato la soluzione per limitare i posti di lavoro tanti cari al Governo e a tutti noi (perché nessuno vuole nuovi disoccupati), e questa riguarda l'adeguamento degli impianti esistenti. Il polo di Cassino è già pronto per assemblare autovetture elettriche su piattaforma BEV STLA Large, dimostrando come il vero modo di affrontare lo switch del 2035 sia prepararsi al meglio, non aggirare un problema che prima o poi si paleserà in ogni caso. Bisognerebbe chiedersi come evitare questa deindustrializzazione, non dare per scontato che accadrà, dimostrando di fatto di non avere alcuna idea utile per affrontare il futuro. Più che puntare il dito verso la Cina, che negli ultimi anni ha lavorato alacremente per abbracciare la nuova rivoluzione elettrica, bisognerebbe dunque chiedersi perché siamo così indietro e di chi sia davvero la colpa. A stretto raggio, i problemi evidenziati dalla Presidente Meloni sono sicuramente reali, il discorso tenuto in Parlamento però non tiene conto di tutte quelle aziende (anche storiche) che hanno già deciso di fermare la produzione di motori termici da qui al 2030.

Anche se l'Europa deciderà di fare un passo indietro, probabilmente in concessionaria non troveremo più vetture a benzina e diesel ben prima del 2035, salvo pochissimi brand che continueranno a puntare su alimentazioni standard (Dacia ad esempio, per sua stessa natura, continuerà a offrire motorizzazioni classiche finché ne avrà facoltà, pur offrendo già oggi soluzioni elettriche). Si citano i biocarburanti e i carburanti sintetici, che sono soluzioni legate ancora a tante variabili e che comunque non riducono del 100% le emissioni dirette di CO2.

Potrebbero davvero essere funzionali in determinati campi (pensiamo al mondo del Motorsport per esempio), mentre per l'utilizzo quotidiano bisognerebbe ripensare ai motori termici e alle stazioni di rifornimento, inoltre bisognerebbe vedere quanti produttori siano davvero disposti a sviluppare propulsori di nuova generazione in un mondo che ha sempre più piattaforme pensate per l'elettricità (piattaforme che permettono di creare auto compatte ultra spaziose e piene di tecnologia come la ID.2 che Volkswagen vuole vendere a meno di 25.000 euro).

Si nomina anche l'idrogeno, e questa è un'alimentazione su cui l'UE non ha mai messo un veto, anzi: l'auto dev'essere non inquinante, poi che sia alimentata a batteria o a idrogeno va bene, l'Unione Europea lo ha sempre detto, mentre la Meloni ne parla come se fosse una motorizzazione che nessuno calcola. Poi anche in questo caso sorgono altri problemi, e se avete visto una stazione di rifornimento a idrogeno sapete già di cosa parliamo (siamo stati a Venezia-Mestre a vedere la prima stazione a idrogeno di ENI).

Stoccare l'idrogeno è più complicato che gestire una cabina elettrica, le stazioni hanno bisogno di spazio e sono costose da realizzare, inoltre le vetture con questa tecnologia non sono certo economiche, anzi, per una Toyota Mirai servono oggi più di 60.000 euro e le stazioni di rifornimento attualmente presenti in Italia si contano sulle dita di una mano. La parolina magica "idrogeno" è sicuramente utile a raccogliere facili applausi, la realtà però è più complessa.

Materie prime e riciclo

Anche lo smaltimento delle batterie e la reperibilità dei materiali possono rappresentare un problema, anche in questo caso però è come se la politica non volesse guardare al di là del proprio naso, altrimenti scoprirebbe come l'industria si stia adoperando per utilizzare sempre meno metalli pregiati, sempre meno materiali rari all'interno delle batterie, è proprio questa la sfida del mercato attuale, creare prodotti che siano il più sostenibili possibile proprio per non creare ulteriori danni alla Terra.

Inoltre lo smaltimento delle batterie è una sorta di problema di carta: prima di morire del tutto, le batterie delle automobili finiscono ad alimentare strutture di ogni tipo, pensiamo a esempi virtuosi come la Johan Cruyff Arena di Amsterdam che si alimenta con vecchie batterie di Nissan LEAF, non più adatte alla circolazione in strada ma perfette per stoccare energia per fabbriche, stadi e molto altro. Giunte poi al loro termine ultimo, le batterie finiscono in centri capaci di recuperare ogni singola parte dei Battery Pack, ogni singolo metallo, elementi che troveranno nuova vita in altri ambiti o altre batterie. Anche questo è un settore in netta espansione, esistono già centri specializzati nel riciclo di questi prodotti nonostante le batterie da smaltire oggi siano ancora poche, ricordiamo che la vita di una batteria a bordo di un'auto può arrivare a 15 anni, poi le stesse batterie possono vivere altrove per altri anni ancora, dunque per arrivare allo smaltimento completo passa davvero molto tempo. Se non spingiamo adesso su tutti questi ambiti paralleli alle semplici automobili (e l'Italia potrebbe benissimo investire in centri per la produzione di batterie e il loro smaltimento, creando così nuove opportunità di lavoro), ci troveremo effettivamente indietro su tutto e non faremo alcun passo in avanti in termini di decarbonizzazione e sensibilizzazione del grande pubblico.

La scelta dell'Europa è anche simbolica, nessuno vuole costringervi ad abbandonare la benzina nel giro di 10-12 anni, volendo potete usarla anche fino al 2050 o al 2055 se la vostra auto termica se la sente. Il messaggio fra le righe però è un altro: iniziamo a lavorare seriamente per rendere sostenibile la mobilità, restituiamo un po' di aria pulita alle nostre città.

Non sarà l'unico problema legato all'inquinamento ma è un processo in cui ognuno di noi può essere parte attiva, dal basso, dall'installazione di un pannello solare sul tetto di casa all'andare al supermercato o al lavoro senza emettere CO2. Scegliere il NO come battaglia politica in questo momento storico potrebbe ricordare un bimbo che punta i piedi e fa i capricci per non mangiare le verdure. Parliamo di un bimbo però, da una classe governante ci si aspetterebbe qualcosa di diverso...