F1 2019 e l'effetto nostalgia: tornare ai tempi di Niki Lauda e James Hunt

Con F1 2019, il nuovo titolo Codemasters, è possibile tornare indietro nel tempo e guidare monoposto storiche di Formula 1. La nostra prova.

F1 2019 e l'effetto nostalgia: tornare ai tempi di Niki Lauda e James Hunt
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  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Xbox One X
  • PS4 Pro
  • Chi segue la Formula 1 ormai da diverso tempo ha vissuto, soprattutto negli ultimi anni, una marea di cambiamenti che hanno reso la disciplina principe dei motorsport estremamente diversa da com'era decenni fa. Un processo imprescindibile, necessario sia per venire incontro ai gusti delle nuove generazioni di fan (e, contestualmente, di piloti), sia perché svecchiare una formula che comincia a mostrare "segni di cedimento" è fisiologico. D'altro canto chi ancora ricorda i "tempi d'oro" rischia spesso di perdersi nell'ombra di un nostalgico passato, fatto di motori aspirati e gloriosi ricordi di una Ferrari dominatrice assoluta del campionato.
    Nella Formula 1 degli ultimi tempi ne sono successe di tutti i colori, dal cambio di regolamento a cadenza quasi annuale alla fine dall'era Ecclestone, arrivando così a quella attuale con al timone il colosso americano di Liberty Media. Ciò che non è ancora cambiato è il fascino di questa disciplina e delle auto protagoniste, che da quasi settant'anni fanno sognare fan di tutte le generazioni.
    In casa Codemasters devono aver pensato a questo, visto che da qualche anno ormai, in ogni capitolo della simulazione ufficiale del campionato di Formula 1, è stata inserita la possibilità di guidare alcune auto classiche, per venire incontro ai desideri dei piloti virtuali più esigenti e quelli che non sono più esattamente dei giovincelli.

    50 anni di storia

    Come ovvio che sia, lo sviluppo tecnologico che si è verificato nelle monoposto iscritte al campionato nel corso degli anni è stato straordinario, e le vetture che correvano agli albori di questo sport sono qualcosa di totalmente diverso rispetto a quelle che sfrecciano sui circuiti quest'oggi, il che rende estremamente difficile - ad esempio - azzardare qualche paragone tra i piloti del Circus di epoche differenti. Chi può dire chi sia più forte tra un Fangio e un Hamilton, fra un Jackie Stewart e un Fernando Alonso, o ancora - per fare un confronto ancora più affascinante - tra Keke e Nico Rosberg? Guidavano vetture assolutamente incomparabili.
    Eppure nel nuovo F1 2019 sono presenti vetture provenienti da cinque decadi differenti, grazie alla pressione di pochi tasti possiamo sederci virtualmente su una monoposto degli anni '70 e immediatamente dopo su quella dei giorni nostri. E, perlomeno nelle intenzioni del gioco, le differenze si vedono.

    Ovviamente non si tratta di cambiamenti evidenti nel gameplay, non ci saremmo mai aspettati qualcosa di radicale. Per farsi un'idea del tempo che è passato tra una vettura e un'altra basta dare un'occhiata ai vari volanti: ne abbiamo di diversi tipi, da quelli "analogici" legati agli albori della Formula 1 a quelli odierni, dotati invece di supercomputer di bordo, tasti e funzioni più disparate. Il solo sterzo di ogni singola auto è capace di farci viaggiare avanti o indietro nel tempo.
    Molto spesso la F1 dell'epoca veniva descritta come uno sport duro, in cui - in assenza del cambio sequenziale di epoca moderna - i piloti erano costretti a un numero impressionante di cambi di marcia, senza alcun tipo di aiuto elettronico per una guida davvero estrema.

    Senza aiuti

    Disattivando tutti gli aiuti in-game abbiamo tentato di scoprire le differenze tra le vetture delle varie epoche. Innanzitutto va detto che il lavoro svolto da Codemasters in ambito nostalgia è veramente notevole: chi è innamorato di questo sport non può non emozionarsi alla possibilità di salire sulla Ferrari 312 T2 o sulla McLaren M23D dei leggendari duelli tra Niki Lauda e James Hunt, narrati peraltro anche nel film Rush di Ron Howard. In generale, la scelta del parco vetture si è rivelata piuttosto azzeccata, abbiamo a disposizione auto davvero storiche come l'ultima Ferrari mondiale di Jodie Scheckter prima dell'era di Michael Schumacher, oppure la Rossa di Maranello del Mondiale 2004, proprio dello stesso leggendario pilota tedesco. È presente la McLaren su cui Senna ha vinto i suoi ultimi campionati mondiali e quella del primo titolo iridato del giovanissimo Lewis Hamilton. La Red Bull straccia-campionati di Sebastian Vettel (quattro titoli consecutivi tra il 2010 e il 2013) e la Williams con cui Damon Hill vinse il suo ultimo mondiale, 28 anni dopo il padre, Graham.
    Forse avremmo gradito qualche vettura "di contorno" in più, è vero. Noi italiani siamo molto affezionati alla Minardi, ad esempio, che in griglia arrancava sempre nelle ultime posizioni ma che ha permesso esordi di piloti eccezionali, tra cui il due volte campione del mondo Fernando Alonso. Manca la Benetton dei primi due titoli di Michael Schumacher, che magari avrebbe potuto sostituire una delle otto incarnazioni della McLaren, ma in fondo si tratta di dettagli.

    Saliti in macchina, la caratteristica più evidente è la diversa manovrabilità tra due auto di epoche differenti: guidare una vettura degli anni duemila è nettamente più facile rispetto a una monoposto degli anni '70, nella quale se non si dosa bene l'acceleratore è complesso anche solo mantenere l'auto dritta, e in pista. A dir la verità, disattivando il controllo della trazione, la difficoltà aumenta un po' con tutte le vetture, ma è molto più evidente quando guidiamo un'auto più datata di altre.
    L'altra sostanziale differenza è ovviamente nelle prestazioni: lo sviluppo delle monoposto nel corso degli anni ha portato a macchine sempre più competitive, e questo si nota eccome. Percorrendo lo stesso circuito cambiano del tutto i tempi e gli spazi di frenata, e per prendere le misure al nuovo sistema di guida bisogna mettere in preventivo qualche staccata sbagliata che vi farà finire lunghi in curva, molte correzioni e anche qualche incontro troppo ravvicinato con i muretti a bordo pista.

    Indietro nel tempo

    Probabilmente è un discorso inutilmente nostalgico, ma un altro dei cambiamenti che più colpisce, stavolta l'orecchio più che l'occhio, è proprio il rombo dei motori. Chi si è innamorato di questo sport seguendo i testa a testa tra Schumacher e Hakkinen non può non guidare una vettura dal motore aspirato senza farsi venire anche solo involontariamente un sorrisone a 32 denti da una guancia all'altra. Quel suono acuto, che da lontano diventa quasi un sibilo per poi sfociare in un'assordante sinfonia, batte a mani basse la voce roca dei motori turbo, sia dell'epoca che attuali. Una differenza che nel gameplay purtroppo non si nota ed è un peccato capitale.

    In F1 2019 dunque ci sono quasi cinquant'anni di storia della Formula Uno, dalla Lotus 72D guidata da Emerson Fittipaldi nel 1972 alle venti monoposto iscritte al campionato 2019, per cui magari forse era lecito aspettarsi un minimo di differenze in più nel modello di guida tra due auto distanti 47 anni, ma in fondo non è questa la portata principale secondo Codemasters. Una volta dietro il volante, la sensazione di star prendendo parte a qualcosa di storico, restando però comodamente seduti sul proprio divano, comunque si percepisce. E forse è questa la cosa più importante.