Pro e contro dei biocarburanti: possono salvare i motori diesel e benzina?

Cerchiamo di capire insieme cosa sono i biocarburanti e come potrebbero salvare gli attuali motori a benzina o a gasolio.

Pro e contro dei biocarburanti: possono salvare i motori diesel e benzina?
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Molti sanno che nel 1893 Rudolf Diesel inventò il primo motore alimentato a gasolio, noto a tutti con il suo stesso nome. Non tutti sono però a conoscenza del fatto che l'inventore utilizzò anche l'olio di arachidi come carburante; una dimostrazione che avvenne pubblicamente in occasione dell'Esposizione Universale parigina del 1900.
Diesel credeva che l'utilizzo di un carburante ottenuto dalla biomassa fosse il vero futuro del suo motore, tanto da arrivare ad affermare in un discorso del 1912: "L'uso di oli vegetali per il carburante dei motori può sembrare insignificante oggi, ma tali oli possono diventare, nel corso del tempo, importanti quanto i derivati dal petrolio e dal carbone dei nostri giorni".

Nel corso degli anni '20 i produttori di motori diesel modificarono sempre più i loro propulsori per sfruttare la minore viscosità del carburante fossile a scapito dell'olio vegetale, dagli anni '30 invece scelte politiche e legislazioni sfavorevoli, la disponibilità di grandi quantità di greggio e il basso costo del petrolio fecero quasi del tutto scomparire l'opzione dei biocarburanti.
Solo in anni più recenti le preoccupazioni circa l'impatto ambientale, il costante aumento dei prezzi del greggio e il timore, tutt'altro che remoto, di un esaurimento dei suoi giacimenti hanno reso i biocarburanti un'alternativa sempre più valida.

Cosa sono i biocarburanti?

Con il termine biocarburanti si identificano tutti quei combustibili derivati dalla lavorazione delle biomasse, ovvero delle sostanze organiche sia di origine vegetale che animale (qualcuno pensa addirittura che il futuro dei biocarburanti sia nelle viscere di un insetto).

Si tratta di combustibili che vengono ricavati dalla coltivazione diretta di alcuni vegetali, dagli scarti agricoli o d'allevamento, dalla lavorazione del legno e addirittura dalle alghe. Questi carburanti vengono impiegati come alternativa ai combustibili fossili, per degli usi del tutto analoghi.

Biodiesel e Diesel

Il biodiesel rappresenta uno dei biocombustibili più diffusi e ricercati, poiché garantisce delle performance del tutto simili al classico diesel, a costi però decisamente inferiori.

Si tratta di un biocarburante derivato dalla lavorazione di oli vegetali, soprattutto di colza e girasole, lavorato e raffinato affinché possa essere impiegato nei comuni motori diesel. A seconda del vegetale d'origine può assumere una colorazione giallognola oppure trasparente e presenta una viscosità praticamente identica all'alternativa ottenuta dal petrolio.

Non corre una grande differenza tra biodiesel e diesel. Entrambi sono infatti due carburanti che dimostrano di avere un'efficacia pressoché analoga. La sostanziale diversità fra i due prodotti è nell'origine della materia prima: il petrolio per il diesel, le biomasse vegetali per il biodiesel.
A livello di performance, il biofuel appare leggermente meno potente del derivato del petrolio e, a parità di rifornimento, permette di percorrere circa il 10% di chilometri in meno. Ma il prezzo ridotto, l'origine vegetale e il minor impatto sull'ambiente compensano più che abbondantemente questa limitazione.
La gran parte dei motori diesel oggi disponibile sul mercato funziona regolarmente anche con il biofuel o, ancora, con una miscela fra i due (e in Finlandia esiste già un diesel ecologico).

Bioetanolo e benzina

Il bioetanolo invece è un carburante dalle proprietà molto simili alla classica benzina, a cui viene miscelato come additivo per aumentare il numero di chilometri percorribili con un solo litro, abbattendo così i costi del pieno.

Questo biocombustibile si ottiene dalla fermentazione di alcune piante normalmente impiegate in agricoltura - tra cui cereali, tuberi, patate, barbabietola e vinacce - grazie al loro elevato contenuto di zuccheri. Il processo di decomposizione di questi vegetali, unito a un microclima forzato, genera un olio infiammabile dalla colorazione trasparente.
Il prezzo di un litro di bioetanolo si aggira attorno ai 3-4 euro. Il combustibile non viene però solitamente impiegato puro per i motori termici, bensì è mescolato alla comune benzina con percentuali massime del 20%. Il costo al litro viene pertanto rapidamente compensato: in media, la spesa per singolo rifornimento di benzina si riduce del 30%.
Nell'immaginario comune, benzina e bioetanolo vengono considerate due sostanze intercambiabili. Questo perché entrambi i combustibili sono stati progettati per motori a benzina e, di conseguenza, si pensa che le prestazioni siano le medesime. In altre parole, il bioetanolo sarebbe l'alternativa più pulita ma altrettanto efficace proprio dell'idrocarburo fossile.

In realtà, fra le due esistono delle fondamentali differenze. Innanzitutto, il bioetanolo puro può essere sfruttato solo nelle vetture con motore FLEX, una soluzione disponibile sul mercato dalla metà degli anni ‘90. Questo motore può funzionare a benzina, a bioetanolo o con una miscela dei due. In tutti gli altri casi, il bioetanolo può essere scelto solo come additivo.

Ancora, il bioetanolo ha un potere calorifico inferiore alla benzina, pertanto se ne consuma anche il 50% in più per i medesimi tragitti. La soluzione migliore oggi sul mercato è quindi quella della miscela, che permette di ridurre i costi di rifornimento e allungare il chilometraggio per singolo pieno.

I vantaggi dei biocarburanti

La diffusione sempre più massiccia dei biocarburanti ha permesso a esperti di settore e università di valutarne i vantaggi e gli svantaggi.

Tra i pro dell'impiego di biocarburanti vi è il fatto che essi sono, a differenza dei combustibili fossili, fonti rinnovabili e che il loro prezzo diverrà alla lunga sempre più competitivo. Non tutti i Paesi possiedono infatti riserve di petrolio grezzo; pertanto, a fronte della diminuzione progressiva delle riserve petrolifere, i costi d'importazione saranno sempre più elevati.

I biocombustibili generano un'economia circolare e virtuosa con altre realtà produttive, recuperando rifiuti e scarti che altrimenti verrebbero sprecati. Inoltre, a differenza di eolico e solare, le bioenergie producono energia grazie alla loro combustione come le fonti fossili, ma l'anidride carbonica che emettono è quella che nei mesi o negli anni precedenti le piante hanno catturato dall'atmosfera e che - grazie al processo di fotosintesi clorofilliana - hanno trasformato nella materia organica di cui si compongono. In sostanza, nella fase di combustione si emette tanta CO2 quanta è stata assorbita dalle piante nella fase di crescita e il bilancio emissivo netto è potenzialmente pari a zero.

Gli svantaggi dei biocarburanti

Se si prende in considerazione l'intera filiera produttiva delle bioenergie, nella fase di coltivazione delle piante e durante il processo industriale di lavorazione della biomassa primaria o della sua trasformazione in biocombustibile si utilizza energia e si potrebbe emettere anidride carbonica e altri gas serra.

Inoltre, se per avviare la coltivazione di biomassa a scopo energetico si cambia la destinazione d'uso originaria dei terreni, anche questa operazione potrebbe innescare processi di rilascio di gas serra.

Per calcolare a quanto effettivamente ammonta l'emissione netta di gas serra associata alla produzione e utilizzo di una biomassa, o di un biocombustibile, è dunque necessario considerare tutta l'intera filiera produttiva, ovvero occorre fare un'analisi di tipo LCA (Life Cycle Analysis). A valle di questa analisi si confronta il livello di emissione netta della fonte bio di energia con quella del combustibile fossile che andrebbe a sostituire e si valuta la sua potenzialità di riduzione delle emissioni di gas serra. Grazie alla LCA, ci si è accorti che in alcuni casi le filiere produttive dei biocombustibili che fanno uso di biomasse appositamente coltivate (denominati biocombustibili di prima generazione) possono conseguire una riduzione delle emissioni di gas serra limitata rispetto ai combustibili tradizionali di origine fossile.
Inoltre, se si utilizzano biomasse di prima generazione, potrebbe esservi un altro aspetto negativo: per produrre quantità crescenti di biocombustibili si corre il rischio di entrare in competizione con la produzione di derrate alimentari, sottraendo terreni coltivabili o destinando alla produzione di energia raccolti altrimenti utilizzabili per scopo alimentare.

Dai biocombustibili di prima generazione a quelli "avanzati"

Per aggirare i problemi legati alla produzione di biocarburanti di prima generazione è allo studio una generazione più avanzata di biocarburanti. L'esempio da evitare è quello del Brasile, uno di quei Paesi in cui il bioetanolo è molto diffuso e le auto flexifuel sono la norma.

Nel Paese del grande polmone verde la produzione di biocombustibili è infatti alla base delle cause dello scempio compiuto ai danni della foresta Amazzonica, diradata anche per far spazio alle coltivazioni della canna da zucchero.
La generazione avanzata propone invece, a differenza della prima, l'impiego di derivati da materie prime non alimentari come la lavorazione di materiale lignocellulosico, la coltivazione del miscanto o la coltivazione delle alghe.
I vantaggi dei biocombustibili avanzati sono molteplici. Il primo è che non entrano in competizione con le produzioni agricole per il mercato alimentare. Il secondo è che spesso conseguono un bilancio emissivo netto di gas serra molto più basso dei combustibili tradizionali che vanno a sostituire o di alcuni dei biocombustibili di prima generazione.
Tutti i biocombustibili (sia di prima generazione che avanzati), infine, possono essere miscelati ai combustili tradizionali, contribuendo in questo modo a ridurre fin da subito le emissioni di gas serra, senza avere la necessità di attendere la realizzazione di costosi adeguamenti agli attuali sistemi di trasporto, stoccaggio e distribuzione dell'energia e ai motori esistenti.

Come molti altri strumenti di decarbonizzazione, anche i biocombustibili e i combustibili da rifiuti sono al momento penalizzati da un problema di costo, più o meno importante a seconda della tecnologia e del suo stato di maturità. Ma ricerca e sviluppo oppure un inasprimento delle norme sulle emissioni di gas serra potrebbero davvero finire per ridurre e in alcuni casi azzerare il gap competitivo rispetto ai combustibili fossili.