Dal Cinquino alla 500 elettrica: oltre 70 anni di storia Abarth

Dalle supercar alle auto di tutti giorni trasformate in racing car: la storia del successo Abarth che passa dalle marmitte.

Dal Cinquino alla 500 elettrica: oltre 70 anni di storia Abarth
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1500 cc, 12 cilindri boxer, trazione integrale e cambio sequenziale per quasi 500 cavalli di potenza. Negli anni Quaranta la Cisitalia aveva inventato un mostro da Formula 1 lavorando a stretto contatto con Ferdinand Porsche e scegliendo il leggendario Tazio Nuvolari come pilota per quel grandioso bolide. I guai finanziari dell'azienda impedirono però lo storico debutto nei GP.
La divisione sportiva di quella Cisitalia era gestita da Karl Albert Abarth, o più maccheronicamente Carlo Abarth, imprenditore austriaco poi naturalizzato italiano. Poiché l'azienda fondata a Torino da Piero Dusio e Taruffi non aveva abbastanza fondi per liquidarlo, Abarth venne pagato con auto e pezzi di ricambio presi direttamente dall'officina della sua scuderia. Karl, recuperato il materiale, non perse tempo prendendo subito accordi con il suo ex pilota Guido Scagliarini e decidendo di dare vita con quest'ultimo a una propria squadra corse.
L'imprenditore utilizzerà il proprio nome per ribattezzare la neonata scuderia, scegliendo uno scudo dallo sfondo giallo-rosso - i colori della città natale del padre - più l'unico elemento che lui e Scagliarini avevano in comune: il segno zodiacale dello scorpione. Era il 1949 e a Torino era appena nata la Abarth.

Dalla supercar Abarth all'auto per tutti

In Abarth si lanciarono subito nel mondo delle corse con la 204 Abarth Spider, uno di quei modelli riciclati dalla Cisitalia. Sarà proprio a bordo di una di esse che Tazio Nuvolari porterà per la prima volta al successo la scuderia il 10 aprile 1950 nella cronoscalata Palermo-Monte Pellegrino. Fu l'inizio di una folgorante serie di vittorie tra i campionati 1100 Sport e quello di Formula 2.

Poiché però allora le macchine da corsa erano profondamente derivate da quelle di serie - ad esempio la 204 A aveva il motore elaborato della Fiat 1100 - in Abarth decisero di prendere un po' dei loro pezzi "racing" e commerciarli per l'installazione su vetture stradali, trovando così il modo di arrotondare i guadagni al di fuori delle corse. Dalla 204 si passò alla 205 Sport ma ben presto in Abarth si accorsero di una cosa. Nonostante le grandi doti velocistiche delle auto fin lì prodotte, la voce di guadagno più sostanziosa all'interno dell'azienda era quella che derivava dalla commercializzazione delle marmitte più che dal mondo delle competizioni. Era dunque venuto il momento di cambiare strategia.

Presero una Seicento, modificarono il motore per farlo arrivare a 747cc di cilindrata, resero più rigido il telaio sul quale apposero una carrozzeria disegnata da Zagato: è nata così la 750 Gran Turismo. Karl aveva capito che per avere successo non c'era il disperato bisogno di costruire delle supercar, si poteva colpire il cuore della gente anche con una Seicento modificata. Egli puntava a regalare le sensazioni racing a chi guidava le sue auto anche se queste ultime erano ben lontane dall'essere le più veloci del mondo grazie anche alla peculiare abilità di donare, ad esempio tramite le marmitte, il suono di una vera auto da corsa.

Il trionfo dei kit

A Karl Albert piaceva mettere le mani su dei modelli nuovi prima che questi ultimi cominciassero a essere modificati o a presentare problemi legati all'età. Egli si faceva dunque inviare auto nuove sulle quali montava i pezzi che voleva, mettendo poi sul commercio delle cassette di preparazione per i meccanici. Vendevano questi pezzi in delle cassette marchiate Abarth; una mossa furba perché così se il kit avesse funzionato il merito sarebbe stato di Abarth, in caso contrario la "colpa" sarebbe ricaduta sul meccanico.

Il prezzo era molto impegnativo, se la macchina poteva costare 590.000 lire il kit arrivava addirittura a quota 225.000. Nonostante il prezzo però gli affari andavano a gonfie vele e le prestazioni dei suoi kit erano innegabili. Sulla Seicento quest'ultimo raddoppiava la potenza - che passava da 20 a 40 cavalli - e spostava il picco massimo di coppia in avanti di quasi 2.000 giri. L'auto non solo aveva più forza motrice ma anche un sound da paura.

La 500 Abarth

Nel 1957 in Abarth riuscirono a mettere le mani sulla neonata Fiat Cinquecento, scoperchiando il vaso di Pandora. All'uscita della 500 Abarth nel 1958 fu infatti subito apoteosi. Ne vennero vendute moltissime anche grazie a geniali campagne di marketing, come quella che esaltava le doti di robustezza del suo motore modificato. Per dimostrarlo in Abarth decisero di fare le cose in grande e far girare l'auto per sette giorni di fila a una velocità media di 111 km/h; un record per dimostrare al contempo affidabilità e prestazioni.

L'anima della continua ricerca dell'eccezionale e la smania di ottenere nuovi record si doveva al suo carismatico proprietario - ormai per tutti Carlo - il quale ad esempio, ultracinquantenne, nel 1965, decise di perdere 30 chili per riuscire a entrare nell'abitacolo della vettura all'Autodromo di Monza e battere così di persona il record di accelerazione con una vettura di classe E. Abarth stesso aveva un DNA da racer, grazie al suo passato da pilota da corsa prima con le moto e poi, a seguito di un grave incidente, anche di sidecar.

Da lì a poco l'Abarth stringerà un accordo commerciale con Vittorio Valletta, amministratore delegato Fiat, per farsi corrispondere un premio in denaro ogni qual volta una Cinquecento Abarth vinceva in una competizione o batteva qualche record. Questo rapporto stravolse il mondo delle corse nostrano. Non erano più infatti i piloti a cercare le auto bensì le auto a cercare i piloti. Abarth pertanto finì per guadagnare ingenti somme ogni volta che una delle sue auto vinceva, era perciò disposto anche a darle gratuitamente in mano ai piloti più validi sia per trasformare le vittorie in pubblicità gratuita, sia per creare profitto per tutta l'azienda.

La sinergia con Fiat

Dopo questo epocale trionfo di vendite Abarth decise di legare definitivamente la sua azienda al marchio Fiat creando degli appositi kit per la quasi totalità dei modelli della casa torinese. Nel 1963 la Abarth presentò la nuovissima 595 dove il numero rappresentava grosso modo la cilindrata del motore. La Abarth si faceva spedire le auto incomplete direttamente dalla fabbrica per poi operare su di esse.

Da fuori queste ultime sembravano quasi uguali alle originali ma meccanicamente erano molto diverse, l'unico modo per distinguerle a colpo d'occhio era in molti casi la peculiare forma del cofano posteriore, leggermente rialzato da una placca. Il motivo di questa soluzione era che il motore sovralimentato aveva bisogno di incamerare più benzina e più aria e, allo stesso tempo, disperdere calore. Aprire il cofano permetteva anche di non rovinare la vernice dello stesso.
Nel 1964 vengono presentate prima la 595 Supersport poi la 695 e la 695 SS, tutte auto in grado di raggiungere senza problemi i 140 km/h. Nel 1971 giunge il momento di un grande passo per l'azienda.

A seguito della crisi petrolifera e di un forte ridimensionamento delle vendite, sull'esempio di moltissime altre aziende su scala globale anche la piccola Abarth finì per essere acquistata da un grande marchio, nella fattispecie Fiat. Quello stesso anno tutti i pezzi e tutte le auto da corsa vennero vendute a Enzo Osella, in Abarth dal 1963, che fonderà nel 1965 l'Osella Corse, scuderia che nel 1980 sarà addirittura in grado di approdare in F1 dove correrà per un decennio. Nel 1979 anche Lancia, Autobianchi e Ferrari finiranno per essere assorbite dal gruppo Fiat in un anno triste per l'azienda dello scorpione per la morte di Carlo Abarth, fautore di straordinari successi, basti pensare che nel periodo della sua gestione (1949-1971) le sue vetture raccolsero 7.327 vittorie, assolute o di classe.

Negli anni comunque, anche sotto l'egida Fiat, gli ingegneri Abarth dimostrano tutta la loro abilità mettendo mano alla A112, inventando la 124 Abarth e la mitica 131 dei rally (Tyler, The Creator lancia il nuovo disco con una Abarth 131 rosa), fino ad arrivare a capolavori come le 037, le Lancia Delta e Delta S4. Tutto questo prima che la Abarth fosse stritolata dalla madre Fiat, ridotta a un ruolo sempre più marginale.

Il revival degli Anni Duemila

Bisogna attendere il Nuovo Millennio per assistere alla rinascita dell'Abarth. Corre l'anno 2007 quando la Fiat presenta al mondo la sua nuova Cinquecento. Non può esserci però una 500 senza Abarth, allora anche la casa dello scorpione riapre i battenti e la sua 500 Abarth custom - la prima presentata - poco più pesante di 1.000 kg per 130 CV a trazione anteriore diventa subito un bestseller, dimostrandosi un'eccellente mossa commerciale.

Per gli appassionati Abarth che vogliono una vettura a quattro posti - molto sacrificati nella compatta 500 - fa il suo debutto anche la Punto Abarth (2007). Punto e 500 si dimostreranno due auto capaci di aiutare non poco la Fiat ad aumentare l'appeal dei suoi modelli di base anche sui mercati esteri. L'operazione di revival Abarth ha affondato le radici nella storia dell'azienda riproponendo addirittura quelle stesse cassette di elaborazione che venivano vendute ai tempi con le prime 500, ricreando così quella esperienza di modificare le auto di tutti i giorni tanto care all'azienda quanto al suo affezionato pubblico.

La frontiera dell'elettrico

Il prossimo futuro potrebbe però apparire ostile per la casa dello scorpione. A insidiarla non c'è più la crisi petrolifera ma la crisi dell'intero settore dell'Automotive atteso dall'epocale transizione elettrica che sta spingendo il settore verso i dogmi green e della sustainability. Un futuro che appare a una prima occhiata distante dalla tradizione sportiva e sbarazzina di Abarth.

Un destino che l'azienda torinese ha però provato a contrastare con l'uscita sul mercato della prima vettura elettrica dello scorpione. La nuova 500e Abarth (2023) è un piccolo mostro da 155 CV, dotata di un dispositivo che riproduce il suono del motore 1.4 turbo della 500 Abarth a benzina. Monstre è però anche il prezzo che parte da quasi 38.000 euro. Questa è la risposta che la casa dell'"elaboratore e non preparatore" Carlo Abarth - come gli piaceva definirsi - ha dato alla nuova frontiera dell'automobile. Tempo al tempo per comprendere se la risposta sarà quella vincente, come il DNA della piccola ma da sempre agguerritissima Abarth.