Breve storia del Tuning: prima e dopo Fast & Furious

Dalla sub-cultura americana al firmamento di Hollywood con Brian e Dom: l'evoluzione nei decenni del concetto di Tuning.

Breve storia del Tuning: prima e dopo Fast & Furious
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Il Tuning, letteralmente messa a punto o personalizzazione, da "volgare" passione per giovani di provincia ha acquisito progressivamente dignità prima artistica poi sociologica. Il termine, un tempo di nicchia e limitato a un certo tipo di appassionati di motori, è diventato poi sempre più di dominio pubblico a partire dagli anni Duemila, soprattutto grazie al successo del primo capitolo della saga cinematografica Fast & Furious (2001), la pellicola in cui il poliziotto Brian O'Connor (Paul Walker) per risolvere dei crimini decide di infiltrarsi nel mondo delle corse clandestine di Los Angeles (quale capitolo di Fast & Furious ha speso di più in incidenti?) .
Mitsubishi Eclipse, Mazda RX-7, Toyota Supra e Dodge Charger R/T - tutte auto impiegate nel film e profondamente customizzate - finiscono da subito per colpire l'immaginario degli appassionati delle quattro ruote in tutto il mondo.
Non è solo il cinema però a sostenere l'interesse per NOS, cerchi cromati e alettoni spropositati ma, nella stessa direzione, rema anche l'industria dei videogiochi che sostiene tale domanda - offrendo al pubblico titoli come Gran Turismo, Forza Horizon, Midnight Club ma soprattutto il celeberrimo Need for Speed.

La storia del Tuning: hot rod

Se appare doveroso evidenziare il fatto che l'idea di "elaborare" la propria vettura non abbia una data d'origine, ma sia piuttosto un'attività che si diffonde consequenzialmente alla stessa nascita dell'automobile, sembra altresì corretto sottolineare quanto questa pratica sia stata ridefinita e resa "popular" proprio da quella saga cinematografica nella quale, ancor più degli attori, sono le macchine le vere protagoniste.
A scontrarsi nel film vi sono due concezioni, quella di O'Conner che predilige le prestazioni delle giapponesi, mentre Dominik Toretto (Vin Diesel) rimane fedele al rombo dei motori statunitensi. Se Walker, infatti, si destreggia con la Mitsubishi Eclipse verde e una Toyota Supra vistosissima in arancione (la Toyota Supra di Fast & Furious venduta a una cifra mostruosa), Vin Diesel non abbandona mai la sua Dodge Charger nera del 1970, iconica muscle car americana per eccellenza, che abbandona solo per mettersi al volante di una potente Mazda RX-7.

Affermare che l'idea di Tuning sia stata quantomeno ridefinita da Fast & Furious non significa dimenticare alcuni storici filoni dell'elaborazione ben precedenti agli anni Duemila, uno dei più noti e antichi dei quali è lo stile hot rod.
Come tante, anche la moda delle Hot Rod vede le sue origini negli Stati Uniti e si dedica alla realizzazione e al restauro delle auto d'epoca americane risalenti agli anni Venti e Trenta, un restyling a tutto tondo poiché coinvolge sia la parte meccanica sia la carrozzeria, per vetture caratterizzate da ruote scoperte senza parafanghi e il motore in bella vista.

Una volta terminate, le hot rod spesso presentano un design appariscente, livree con grafiche real flames, altre hot rod più pure e autentiche invece sono minimal e "rustiche", talvolta mantenendo solo la lamiera grezza.
Due sono le scuole di pensiero sull'origine del nome "Hot Rod".

La prima vuole che derivi da "hot roadster", il secondo partito invece vuole che questa denominazione risalga alla sostituzione delle bielle (in inglese si chiamano "rod") per raggiungere dei giri superiori del motore, senza causare problemi al mezzo. Queste auto americane affondano le loro radici nel dopoguerra, quando i ragazzi dell'epoca, tornando dal conflitto, si sono trovati letteralmente sommersi di auto degli anni Venti e Trenta abbandonate nei giardini dei loro nonni. A quel punto è iniziata la moda di riprendere quelle vetture e riportarle a nuova vita. Ecco perché quando si pensa alle hot rod americane il pensiero corre subito alle Ford T, A e B e alle Chevrolet, le più usate in quei tempi. In particolar modo, la Ford Model B del '32 era la più ambita perché la prima equipaggiata col motore 8 cilindri. È stata proprio la Ford del '32 infatti a far nascere il mito americano del motore V8. E tra le "Trentadue" la più ambita rimane quella a tre vetri, la coupé, subito dopo viene la roadster.

Negli anni, le hot rod si sono evolute e sono nati nuovi stili. Anche perché, ovviamente, negli anni Quaranta gli appassionati di queste macchine usavano i modelli degli anni Trenta mentre negli anni successivi - parliamo già degli anni Sessanta - iniziavano a lavorare su mezzi degli anni Cinquanta e quindi avevano motori, gomme e assetti diversi.
Negli ultimi anni la moda delle auto hot rod è veramente esplosa, principalmente a causa dei numerosi programmi TV americani in cui gli spettatori vedono alcune officine realizzare fantastiche vetture custom.

Rat Rod, T-bucket, Lowrider e Hi-Riser

Negli anni Settanta cominciarono a comparire le prime vetture "Rat Rod". Sebbene derivassero dalle Hot Rod e usassero le stesse vetture di base per la preparazione, erano diverse per filosofia ed estetica.

Le "Rat Rod" sono restaurate solo nella parte funzionale, spesso usando pezzi meccanici provenienti da più modelli. L'aspetto estetico non è particolarmente curato e danneggiamenti quali rigature, ammaccature e ruggine sono divenuti loro caratteristiche distintive. Grande successo hanno riscosso anche t-bucket, lowrider e hi-riser. Le prime sono uno stile particolare di hot rod basate esclusivamente sulla Ford Modello T, profondamente modificate o, in alternativa, repliche. Poiché la vettura originale non viene più prodotta da circa tre quarti di secolo, infatti, le T-bucket di oggi sono perlopiù delle repliche.
Una vera T-bucket ha la carrozzeria, molto leggera e piccola, della Model T a due posti roadster (scoperta) pick up, con o senza cassone. Queste vetture hanno la forma che ricorda un secchio (bucket in inglese) da cui origina il nome dato a questa tipologia di auto.

Queste vetture esteticamente montano molti pezzi che ricordano o che sono in stile Ford Model T quale il radiatore, che però non si rivela molto efficiente nel raffreddare i grandi e potenti motori che vengono montati su queste trasformazioni, i finestrini, montati verticalmente come sulla vettura originale, mentre non viene mai montato il cofano motore.Le model T venivano trasformate e personalizzate già negli anni Trenta, ma la prima vera T-bucket venne realizzata da Norman Gabrowski negli anni Cinquanta. Fu sempre lui a dare il nome al genere che oggi si rivela essere uno stile molto diffuso di hot rod. Come detto queste vetture di solito montano un motore che, per le dimensioni della vettura e per il suo peso, si può tranquillamente definire enorme.

Di norma è un V8, di qualunque marca, con un sistema di trasmissione molto solido per gestire una grande potenza e con gomme posteriori larghe per poterla scaricare a terra. Le ruote anteriori invece sono di solito, come sui dragster, molto piccole.

Anche le lowriders sono ormai un noto simbolo della cultura "custom". Diffusa soprattutto fra i Latinos, la moda lowrider prevede una vettura le cui sospensioni siano state modificate, spesso sostituite da altre di tipo idraulico, per rendere possibile l'estremo abbassamento dell'automobile oppure per far compiere al corpo vettura veri e propri movimenti ritmici. La modifica delle auto retrò quindi mira a rendere la vettura un mezzo per potersi esibire in modo spettacolare. Chi possiede una lowrider dichiara il proprio status attraverso il grado di personalizzazione raggiunto dalla vettura-base e la massima altezza dei salti. Ciò significa che le prestazioni in termini di potenza propulsiva e di velocità sono trascurabili. Piuttosto, avanzare lentamente per le strade è considerata la corretta andatura da lowrider, perché la gente deve avere il tempo di notare ogni minimo dettaglio dell'auto.

Carrozzeria dai colori vivaci e perlacei, spesso arricchita da immagini aerografate, rifiniture dalla cromatura estremamente luminosa, parafanghi adattati al profilo basso della vettura, tappezzeria lussuosa, utilizzo di materiali eleganti (velluto), potente impianto audio di alta qualità, illuminazione LED interna ed esterna all'abitacolo, vetri oscurati e lastra di ferro montata sotto la vettura (il cui scopo è quello di produrre una scia di scintille quando l'auto, in movimento, varia il suo assetto). Con il termine Hi-Riser ci si riferisce invece a uno stile di customizzazione delle automobili - di solito economiche berline - di produzione statunitense che vengono modificate aumentando, spesso in modo sproporzionato, l'altezza da terra per mezzo di cerchioni di grande diametro dotati di pneumatici a profilo ribassato.
Questo stile di personalizzazione è tipico di una sottocultura Hip-hop definita Dirty South (Indianapolis, St. Louis, Florida) ma che poi si è diffusa in tutti gli Stati Uniti. I modelli più popolari sottoposti a questa modifica sono le berline Full-Size della gamma Chevrolet e in particolare la Impala, la Caprice, la Montecarlo e la Chevelle.

Le infinite possibilità del tuning

Poi ci sono tutte quelle case come l‘italiana Abarth che, partendo in questo caso dalla semplice commercializzazione di marmitte (originariamente foderate con lana di vetro tanto da aumentare le prestazioni con un inconfondibile rombo), hanno fatto delle modifiche volte all'incremento delle prestazioni di modelli iconici il loro lato distintivo, un motivo di orgoglio e una giustificazione per gli elevati prezzi di listino dei veicoli da loro prodotti.

Le possibilità di modifiche ieri come oggi appaiono pertanto quasi infinite: estetica della carrozzeria (alettone, minigonne, car wrapping), modifiche all'impianto elettrico e di illuminazione, impianto audio, estetica degli interni (sedili, tappetini, pedali, volante) e meccanica, ambito che può prevedere interventi al motore e all'impianto di scarico, all'impianto frenante e sulle ruote e infine sospensioni e telaio.

Tornando a Fast & Furious è palese quanto questo titolo, oltre a "esaltare" il mito delle corse clandestine (aspetto molto dibattuto e criticato) abbia dato nuova linfa e offerto nuovi "stili" a un mercato, quello del tuning, che non è mai stato così florido.
Se negli anni Sessanta l'emozione di un giovane ragazzo era quello di vedere Clint Eastwood a cavallo con la sua mano veloce avvinghiata al calcio di una Colt, molti ragazzi tra i Novanta ed i Duemila sono cresciuti con l'idea di un western a quattroruote, come mostra l'ultima scena del primo capitolo che rientra perfettamente nello stilema in cui il vecchio pistolero più veloce del west è sfidato dal giovane che vuole prenderne il posto.
L'ultima corsa tra Dom e Brian ha tutta l'aria di un duello a mezzogiorno dove spoiler, vernici aerografate e scarichi modificati hanno rimpiazzato il fascino per armi da fuoco e cappelli da cowboy. È anche tutta questa "epica" costruita attorno al mondo "custom", prima ben lontano da tali "grandiose" narrazioni, che ha cambiato la percezione a livello mondiale di una pratica da sempre esistita ma per molti anni lontana dai principali circuiti di distribuzione se non considerata addirittura malsana o di serie B.