È il primo luglio 2003 quando due ingegneri della Silicon Valley, Martin Eberhard e Marc Tarpenning, decidono di fondare la Tesla Motors - un chiaro omaggio all'inventore e pioniere del motore elettrico Nikola Tesla - prendendo in affitto un ufficio con tre scrivanie e due piccole stanze in un decrepito palazzo anni Sessanta all'845 di Oak Grove Avenue a Menlo Park, California. Il loro obiettivo era quello di dare l'avvio a una produzione di macchine elettriche partendo, almeno da un punto di vista progettuale, non proprio da un foglio bianco - a differenza di quanto stava invece avvenendo sul fronte del personale e delle strutture. In primis c'era infatti l'idea di dare continuità al progetto elettrico interrotto dalla General Motors: parliamo della rarissima EV1, prodotta dal 1996 al 1999, la prima auto elettrica moderna e anche un fenomeno di costume, per la sua audace scelta tecnica e la peculiare modalità di distribuzione sul mercato, solamente nella forma del noleggio triennale.
L'arrivo di Elon Musk
Tra la fine dei Novanta e l'inizio del nuovo Millennio si colloca poi anche l'esperienza dell'AC Propulsion, un'azienda specializzata in motori elettrici e conversioni di prodotti/autoveicoli in elettrico, che aveva comprato una kit car chiamata Piontek, una barchetta due posti somigliante alla Lotus Elise, e l'aveva convertita in elettrica dotandola di una serie di batterie al piombo.
L'AC Propulsion tzero, questo era il suo nome definitivo, attirò l'attenzione del già citato Martin Eberhard che, nel 2002, se ne fece produrre un esemplare più aggiornato, dotato batterie al litio: una macchina da 200 CV, che andava da 0 a 100 km/h in 3.6 secondi e dal costo che si aggirava intorno ai 200.000 dollari. Non interessati in AC Propulsion a investire oltre nella produzione di vere e proprie auto elettriche, ecco che il fondatore di Tesla Motors decise di acquisire il progetto della tzero per la sua azienda, cominciando a mostrare in giro la creazione alla ricerca di potenziali investitori. Tra coloro che videro la macchina-prototipo ci fu J. B. Straubel, businessman e guru della tecnologia delle batterie agli ioni di litio, che ne rimase impressionato al punto da parlarne con un suo amico, un imprenditore di Pretoria poi naturalizzato statunitense che aveva da poco realizzato 160 milioni di dollari dalla vendita di Paypal ed era alla ricerca di nuovi e avveniristici progetti in cui investire: il suo nome era Elon Musk.
Siamo giunti ormai nel 2004 ed è solo a quel punto, attratto dal progetto di Eberhard e Tarpenning, che l'attuale plenipotenziario di Tesla decide di entrare nell'azienda come investitore, finanziandola con una cifra che, lungo tutto il progetto della Roadster, si aggirerà intorno ai 100 milioni di dollari, ottenendo dalla coppia Eberhard-Tarpenning anche il titolo di "fondatore". Tornando alla Roadster, nell'azienda si resero ben presto conto che le grandi case automobilistiche non erano più produttori di automobili "alla Henry Ford", nel senso integralista del termine, ma perlopiù assemblatori di componenti varie provenienti dai quattro angoli del globo.
Sulla scia di ciò Tesla raccolse l'idea alla base della EV di General Motors, la licenza tecnologica e la parte propulsiva dell'AC Propulsion e infine la scocca della Lotus Elise - perché era una forma di auto che gli piaceva - e tentò di mettere tutto artigianalmente insieme, con l'idea di produrre ben più di una scatoletta alimentata a batterie: un'auto valida e accattivante fin da subito. Un'impresa che come ebbero modo di scoprire fin dal principio si rivelò più accidentata del previsto. Nonostante l'iniezione di nuova linfa da parte di Musk, infatti, l'azienda si ritrovò, tra una miriade di impasse tecnici, per almeno tre volte sull'orlo del precipizio tra l'avvio del progetto Roadster e il 2012.
Il difficile inizio di Tesla
In uno scalcinato capannone, con solo poche cassette di attrezzi Craftsman in Tesla cominciò il momento dell'assemblaggio. Il team, che in origine contava poco più di una decina di effettivi, giungerà alla fine del processo di produzione ad annoverare tra le proprie fila più di 260 dipendenti.
Quello che era un capannone si trasformò lentamente in un centro di ricerca e sviluppo: gli ingegneri elettrici studiarono il sofware di base della Lotus per scoprire come collegare i pedali, l'apparato meccanico e le regolazioni del cruscotto ma il lavoro più gravoso riguardò la progettazione della batteria. Mai nessuno aveva tentato di collegare in parallelo centinaia di batterie agli ioni di litio, una tecnologia che all'epoca era agli albori e della quale Tesla si poneva all'avanguardia. I progettisti cercarono di capire come si sarebbe dissipato il calore e come si sarebbe comportato il flusso della corrente su 70 batterie incollate con l'attaccatutto in gruppi chiamati brick. Dieci di questi brick vennero poi collegati e i progettisti testarono vari meccanismi di raffreddamento, ad aria e a liquido. Quando finalmente ebbero sviluppato un sistema di batterie funzionante furono costretti ad allungare di 13 cm il telaio della Elise e, con una gru, calarono le batterie nel retro dell'auto, dove normalmente si sarebbe adagiato il motore. Il grande lavoro cominciò il 18 ottobre 2004 e, appena quattro mesi dopo, il 27 gennaio 2005, 18 persone avevano prodotto, artigianalmente, una macchina davvero innovativa. L'auto poteva essere portata in strada e, quel giorno, in Tesla, era in programma una riunione del CDA, alla quale Musk si recò proprio con quella macchina, dichiarandosi abbastanza soddisfatto da continuare a investire nel progetto.
Nel mese di luglio del 2006 Tesla decise di annunciare al mondo i risultati del suo lavoro: i loro primi due prototipi, uno nero EP1 e uno rosso EP2, furono esposti a un evento aperto alla stampa a Santa Monica. La gente accorse in massa e restò impressionata dalle Roadster, due bellissime decappottabili a due posti che andavano da 0 a 100 km/h in circa 4 secondi e dotate di rifiniture mai viste prima di allora su un'auto elettrica. "Fino ad oggi - disse Musk all'evento - tutte le auto elettriche facevano schifo", sottolineando in maniera scenografica la determinazione dell'azienda nel voler cambiare, una volta per tutte, la percezione che il mondo aveva dell'auto elettrica. Alla presentazione parteciparono celebrità del calibro dell'allora presidente della California Arnold Schwarzenegger o l'ex Amministratore Delegato di Disney Michael Eisner e, molti di loro, fecero prove di guida su strada. Le Roadster erano però così fragili che solo Straubel, il progettista delle batterie, e un paio di altre persone fidate sapevano guidarle; nonostante questo, le due auto venivano alternate con un intervallo di cinque minuti per evitare pericolosi surriscaldamenti delle batterie.
Un altro grande problema della Roadster in quella fase fu dato dal comparto della trasmissione. Assillati dalla ricerca esasperata di uno sprint che rendesse l'auto divertente da guidare, tale da impressionare stampa ed investitori, optarono per una trasmissione a due velocità: la prima marcia avrebbe portato l'auto da 0-100 in 4 secondi, la seconda l'avrebbe spinta fino a 210 Km/h. Le avarie però si susseguivano senza soluzione di continuità, molte cedevano dopo nemmeno 250 km, mentre l'intervallo medio fra un guasto e l'altro era di circa 3200 km. La trasmissione a due rapporti dovette infine essere accantonata ma tale decisione ebbe gravi ripercussioni sui tempi di produzione - tant'è che l'auto non uscì a novembre 2007, come previsto, bensì fu riprogettata quasi da zero a partire dal primo gennaio dell'anno successivo.
Una Roadster da bancarotta
Affinché la Tesla potesse mantenere quella grande accelerazione, che poi diventerà marchio di fabbrica dei modelli dell'azienda di Paolo Alto, si dovette ricostruire da zero il motore, l'invertitore e togliere un po' di peso.
A tutto questo si aggiunsero i problemi di una logistica manicomiale: la fabbrica delle batterie era parte di una supply chain che copriva tutto il pianeta aggiungendo costi e lungaggini alla produzione della Roadster, i pannelli della carrozzeria erano costruiti in Francia, le celle delle batterie giungevano dalla Cina attraverso Taiwan, il tutto mentre la bellissima scocca in fibra di carbonio si rivelava altresì difficile da verniciare. Rallentamenti e mezzi fallimenti costarono fra gli altri la testa di Eberhard ma, soprattutto, quello della Roadster: si stava rivelando un progetto in perdita, finendo per costare 140 milioni di dollari a fronte dei 25 preventivati dal business plan del 2004, il tutto mentre le grandi case automobilistiche americane si rincorrevano verso la bancarotta nella crisi finanziaria più grave dai tempi della Grande Depressione. Tutti questi problemi fecero lievitare i costi di progettazione e Musk ebbe lo scomodo compito di inviare una mail a tutti i clienti per annunciare l'aumento dei prezzi. Originariamente il listino dell'auto doveva partire da 92.000 dollari, ora invece sarebbe partito da 109.000 dollari. I 400 clienti che avevano già acquistato la nuova macchina, ma che non l'avevano ancora ricevuta, si sentirono per giunta dire che avrebbero dovuto pagare la differenza rispetto al nuovo prezzo.
Tesla però doveva dimostrare di trarre profitto dalla loro vendita per ottenere un ingente prestito dal governo, cosa che poi avvenne e che sarebbe stato fondamentale per permettere all'azienda californiana di uscire dalle sabbie mobili economiche e di mettere in cantiere e realizzare la successiva Model S (oggi arrivata ad avere tre motori elettrici con la Model S Plaid), un progetto previsto per il 2011 ma che sarebbe poi giunto sul mercato un anno dopo. La crisi da terribile spettro finisce per diventare una fortuna per l'azienda: il presidente Obama apre il rubinetto dei finanziamenti al settore dell'Automotive e, tra i beneficiari dei fondi governativi, tra i giganti Ford e General Motors spuntano anche i nomi di Elon Musk e della sua Tesla Motors, che ricevono mezzo miliardo di dollari.
Superando molte difficoltà la Roadster ebbe il merito di riuscire a evitare di ingrossare le fila del già affollato cimitero delle auto elettriche e di vincere la sfida con Detroit in tema di elettricità. Tesla riuscì a fare il minimo indispensabile per sopravvivere vendendo tra il 2008 e il 2012 circa 2.500 automobili. Un'auto che a distanza di nemmeno quindici anni dalla sua uscita sembra già diventata un cult, un ambito pezzo da collezione visto il successo poi ottenuto dall'azienda e i pochi pezzi prodotti. La Tesla ebbe modo di mostrare, nonostante la tormentata e pionieristica vicenda della sua prima vettura, quanto "l'auto elettrica non fosse solo sinonimo di golf car" ed ebbe il merito di tenere alta l'attenzione verso il mercato elettrico - pur nelle disperate circostanze del collasso del settore dell'automobile americano e dei mercati finanziari globali. La Roadster ha avuto il merito di aprire la strada non solo agli altri modelli della casa di Palo Alto ma al mondo dell'elettrico tout court. Oggi attendiamo la sua seconda generazione, della nuova Tesla Roadster però si sono perse le tracce. Speriamo di poter scrivere quanto prima la continuazione di questa storia.
Breve storia della Tesla Roadster: alle origini del brand di Elon Musk
Oggi tutti conosciamo Tesla e le auto che vende, fra berline e SUV/Crossover di alta fascia, ma com'è iniziata la sua storia? Ve lo raccontiamo noi.
È il primo luglio 2003 quando due ingegneri della Silicon Valley, Martin Eberhard e Marc Tarpenning, decidono di fondare la Tesla Motors - un chiaro omaggio all'inventore e pioniere del motore elettrico Nikola Tesla - prendendo in affitto un ufficio con tre scrivanie e due piccole stanze in un decrepito palazzo anni Sessanta all'845 di Oak Grove Avenue a Menlo Park, California.
Il loro obiettivo era quello di dare l'avvio a una produzione di macchine elettriche partendo, almeno da un punto di vista progettuale, non proprio da un foglio bianco - a differenza di quanto stava invece avvenendo sul fronte del personale e delle strutture. In primis c'era infatti l'idea di dare continuità al progetto elettrico interrotto dalla General Motors: parliamo della rarissima EV1, prodotta dal 1996 al 1999, la prima auto elettrica moderna e anche un fenomeno di costume, per la sua audace scelta tecnica e la peculiare modalità di distribuzione sul mercato, solamente nella forma del noleggio triennale.
L'arrivo di Elon Musk
Tra la fine dei Novanta e l'inizio del nuovo Millennio si colloca poi anche l'esperienza dell'AC Propulsion, un'azienda specializzata in motori elettrici e conversioni di prodotti/autoveicoli in elettrico, che aveva comprato una kit car chiamata Piontek, una barchetta due posti somigliante alla Lotus Elise, e l'aveva convertita in elettrica dotandola di una serie di batterie al piombo.
L'AC Propulsion tzero, questo era il suo nome definitivo, attirò l'attenzione del già citato Martin Eberhard che, nel 2002, se ne fece produrre un esemplare più aggiornato, dotato batterie al litio: una macchina da 200 CV, che andava da 0 a 100 km/h in 3.6 secondi e dal costo che si aggirava intorno ai 200.000 dollari. Non interessati in AC Propulsion a investire oltre nella produzione di vere e proprie auto elettriche, ecco che il fondatore di Tesla Motors decise di acquisire il progetto della tzero per la sua azienda, cominciando a mostrare in giro la creazione alla ricerca di potenziali investitori. Tra coloro che videro la macchina-prototipo ci fu J. B. Straubel, businessman e guru della tecnologia delle batterie agli ioni di litio, che ne rimase impressionato al punto da parlarne con un suo amico, un imprenditore di Pretoria poi naturalizzato statunitense che aveva da poco realizzato 160 milioni di dollari dalla vendita di Paypal ed era alla ricerca di nuovi e avveniristici progetti in cui investire: il suo nome era Elon Musk.
Siamo giunti ormai nel 2004 ed è solo a quel punto, attratto dal progetto di Eberhard e Tarpenning, che l'attuale plenipotenziario di Tesla decide di entrare nell'azienda come investitore, finanziandola con una cifra che, lungo tutto il progetto della Roadster, si aggirerà intorno ai 100 milioni di dollari, ottenendo dalla coppia Eberhard-Tarpenning anche il titolo di "fondatore".
Tornando alla Roadster, nell'azienda si resero ben presto conto che le grandi case automobilistiche non erano più produttori di automobili "alla Henry Ford", nel senso integralista del termine, ma perlopiù assemblatori di componenti varie provenienti dai quattro angoli del globo.
Sulla scia di ciò Tesla raccolse l'idea alla base della EV di General Motors, la licenza tecnologica e la parte propulsiva dell'AC Propulsion e infine la scocca della Lotus Elise - perché era una forma di auto che gli piaceva - e tentò di mettere tutto artigianalmente insieme, con l'idea di produrre ben più di una scatoletta alimentata a batterie: un'auto valida e accattivante fin da subito. Un'impresa che come ebbero modo di scoprire fin dal principio si rivelò più accidentata del previsto. Nonostante l'iniezione di nuova linfa da parte di Musk, infatti, l'azienda si ritrovò, tra una miriade di impasse tecnici, per almeno tre volte sull'orlo del precipizio tra l'avvio del progetto Roadster e il 2012.
Il difficile inizio di Tesla
In uno scalcinato capannone, con solo poche cassette di attrezzi Craftsman in Tesla cominciò il momento dell'assemblaggio. Il team, che in origine contava poco più di una decina di effettivi, giungerà alla fine del processo di produzione ad annoverare tra le proprie fila più di 260 dipendenti.
Quello che era un capannone si trasformò lentamente in un centro di ricerca e sviluppo: gli ingegneri elettrici studiarono il sofware di base della Lotus per scoprire come collegare i pedali, l'apparato meccanico e le regolazioni del cruscotto ma il lavoro più gravoso riguardò la progettazione della batteria. Mai nessuno aveva tentato di collegare in parallelo centinaia di batterie agli ioni di litio, una tecnologia che all'epoca era agli albori e della quale Tesla si poneva all'avanguardia. I progettisti cercarono di capire come si sarebbe dissipato il calore e come si sarebbe comportato il flusso della corrente su 70 batterie incollate con l'attaccatutto in gruppi chiamati brick. Dieci di questi brick vennero poi collegati e i progettisti testarono vari meccanismi di raffreddamento, ad aria e a liquido. Quando finalmente ebbero sviluppato un sistema di batterie funzionante furono costretti ad allungare di 13 cm il telaio della Elise e, con una gru, calarono le batterie nel retro dell'auto, dove normalmente si sarebbe adagiato il motore. Il grande lavoro cominciò il 18 ottobre 2004 e, appena quattro mesi dopo, il 27 gennaio 2005, 18 persone avevano prodotto, artigianalmente, una macchina davvero innovativa. L'auto poteva essere portata in strada e, quel giorno, in Tesla, era in programma una riunione del CDA, alla quale Musk si recò proprio con quella macchina, dichiarandosi abbastanza soddisfatto da continuare a investire nel progetto.
Nel mese di luglio del 2006 Tesla decise di annunciare al mondo i risultati del suo lavoro: i loro primi due prototipi, uno nero EP1 e uno rosso EP2, furono esposti a un evento aperto alla stampa a Santa Monica. La gente accorse in massa e restò impressionata dalle Roadster, due bellissime decappottabili a due posti che andavano da 0 a 100 km/h in circa 4 secondi e dotate di rifiniture mai viste prima di allora su un'auto elettrica. "Fino ad oggi - disse Musk all'evento - tutte le auto elettriche facevano schifo", sottolineando in maniera scenografica la determinazione dell'azienda nel voler cambiare, una volta per tutte, la percezione che il mondo aveva dell'auto elettrica.
Alla presentazione parteciparono celebrità del calibro dell'allora presidente della California Arnold Schwarzenegger o l'ex Amministratore Delegato di Disney Michael Eisner e, molti di loro, fecero prove di guida su strada. Le Roadster erano però così fragili che solo Straubel, il progettista delle batterie, e un paio di altre persone fidate sapevano guidarle; nonostante questo, le due auto venivano alternate con un intervallo di cinque minuti per evitare pericolosi surriscaldamenti delle batterie.
Un altro grande problema della Roadster in quella fase fu dato dal comparto della trasmissione. Assillati dalla ricerca esasperata di uno sprint che rendesse l'auto divertente da guidare, tale da impressionare stampa ed investitori, optarono per una trasmissione a due velocità: la prima marcia avrebbe portato l'auto da 0-100 in 4 secondi, la seconda l'avrebbe spinta fino a 210 Km/h. Le avarie però si susseguivano senza soluzione di continuità, molte cedevano dopo nemmeno 250 km, mentre l'intervallo medio fra un guasto e l'altro era di circa 3200 km. La trasmissione a due rapporti dovette infine essere accantonata ma tale decisione ebbe gravi ripercussioni sui tempi di produzione - tant'è che l'auto non uscì a novembre 2007, come previsto, bensì fu riprogettata quasi da zero a partire dal primo gennaio dell'anno successivo.
Una Roadster da bancarotta
Affinché la Tesla potesse mantenere quella grande accelerazione, che poi diventerà marchio di fabbrica dei modelli dell'azienda di Paolo Alto, si dovette ricostruire da zero il motore, l'invertitore e togliere un po' di peso.
A tutto questo si aggiunsero i problemi di una logistica manicomiale: la fabbrica delle batterie era parte di una supply chain che copriva tutto il pianeta aggiungendo costi e lungaggini alla produzione della Roadster, i pannelli della carrozzeria erano costruiti in Francia, le celle delle batterie giungevano dalla Cina attraverso Taiwan, il tutto mentre la bellissima scocca in fibra di carbonio si rivelava altresì difficile da verniciare.
Rallentamenti e mezzi fallimenti costarono fra gli altri la testa di Eberhard ma, soprattutto, quello della Roadster: si stava rivelando un progetto in perdita, finendo per costare 140 milioni di dollari a fronte dei 25 preventivati dal business plan del 2004, il tutto mentre le grandi case automobilistiche americane si rincorrevano verso la bancarotta nella crisi finanziaria più grave dai tempi della Grande Depressione.
Tutti questi problemi fecero lievitare i costi di progettazione e Musk ebbe lo scomodo compito di inviare una mail a tutti i clienti per annunciare l'aumento dei prezzi. Originariamente il listino dell'auto doveva partire da 92.000 dollari, ora invece sarebbe partito da 109.000 dollari. I 400 clienti che avevano già acquistato la nuova macchina, ma che non l'avevano ancora ricevuta, si sentirono per giunta dire che avrebbero dovuto pagare la differenza rispetto al nuovo prezzo.
Tesla però doveva dimostrare di trarre profitto dalla loro vendita per ottenere un ingente prestito dal governo, cosa che poi avvenne e che sarebbe stato fondamentale per permettere all'azienda californiana di uscire dalle sabbie mobili economiche e di mettere in cantiere e realizzare la successiva Model S (oggi arrivata ad avere tre motori elettrici con la Model S Plaid), un progetto previsto per il 2011 ma che sarebbe poi giunto sul mercato un anno dopo.
La crisi da terribile spettro finisce per diventare una fortuna per l'azienda: il presidente Obama apre il rubinetto dei finanziamenti al settore dell'Automotive e, tra i beneficiari dei fondi governativi, tra i giganti Ford e General Motors spuntano anche i nomi di Elon Musk e della sua Tesla Motors, che ricevono mezzo miliardo di dollari.
Superando molte difficoltà la Roadster ebbe il merito di riuscire a evitare di ingrossare le fila del già affollato cimitero delle auto elettriche e di vincere la sfida con Detroit in tema di elettricità. Tesla riuscì a fare il minimo indispensabile per sopravvivere vendendo tra il 2008 e il 2012 circa 2.500 automobili. Un'auto che a distanza di nemmeno quindici anni dalla sua uscita sembra già diventata un cult, un ambito pezzo da collezione visto il successo poi ottenuto dall'azienda e i pochi pezzi prodotti.
La Tesla ebbe modo di mostrare, nonostante la tormentata e pionieristica vicenda della sua prima vettura, quanto "l'auto elettrica non fosse solo sinonimo di golf car" ed ebbe il merito di tenere alta l'attenzione verso il mercato elettrico - pur nelle disperate circostanze del collasso del settore dell'automobile americano e dei mercati finanziari globali.
La Roadster ha avuto il merito di aprire la strada non solo agli altri modelli della casa di Palo Alto ma al mondo dell'elettrico tout court. Oggi attendiamo la sua seconda generazione, della nuova Tesla Roadster però si sono perse le tracce. Speriamo di poter scrivere quanto prima la continuazione di questa storia.
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