Aspettando la nuova DeLorean elettrica: storia della mitica DMC-12

Ripercorriamo la storia della mitica DeLorean DMC-12, vettura resa leggendaria dalla trilogia di Ritorno al Futuro firmata Robert Zemeckis.

Aspettando la nuova DeLorean elettrica: storia della mitica DMC-12
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La DeLorean DMC-12 ha una storia incredibile, passata in pochi anni da unico frutto (abbastanza imperfetto) dell'omonima casa costruttrice a essere un'icona pop internazionale - grazie alla capacità di viaggiare nel tempo acquisita nella trilogia blockbuster di Ritorno al Futuro - fino alla sua recente e inaspettata rinascita (la mitica DeLorean sta tornando), a più di trent'anni di distanza dalla sua apparizione nell'ultimo capitolo della saga (1990).
Ma procediamo con ordine. La sigla DMC sta per DeLorean Motor Company, il nome è un calco di quello di John Z. DeLorean, imprenditore di ascendenza rumena nato nel 1925 a Detroit, la culla dell'industria automobilistica americana.
Partito dal basso con Chrysler egli riesce a ottenere, grazie alla propria grinta e la forte spinta innovativa, un posto presso la General Motors come responsabile del vecchio e stagnante marchio Pontiac. È qui che comincia la sua scalata verso il successo. Siamo negli anni Sessanta quando il figlio di Zachary comprende che il mercato dell'auto è pronto per accogliere qualcosa di nuovo.

DeLorean dà vita al mito delle Muscle Car

DeLorean prende una macchina noiosa, la piccola - per gli standard americani - Pontiac Tempest e decide di installarci sopra il motore della più grande Pontiac che la General Motors produceva in quel momento, il "transatlantico" Pontiac Bonneville.

Il risultato del mix inconsueto tra la piccola vettura e il poderoso V8 da 6600 cm3 per quasi 500 cavalli di potenza fu straordinario: nasceva così l'iconica GTO, un'auto con i muscoli, uno dei primi esempi di "Muscle Car" al mondo. John aveva aperto la strada a un nuovo settore dell'automobile, ancora oggi vanto e peculiarità della cultura automobilistica americana. Modelli leggendari come Camaro, Mustang e Challenger cavalcarono l'onda emozionale dell'intuizione di DeLorean la cui azienda, negli anni successivi, sfornò almeno altri due modelli iconici: la Firebird nel 1967 e la Grand Prix due anni dopo.
Negli anni Settanta DeLorean è ormai un mito, uomo del Jet Set, carismatico e ricchissimo, con il suo capello nero e la camicia sbottonata. Tutto questo sembra però non bastargli, John Zachary DeLorean vuole infatti diventare il prossimo Enzo Ferrari o Ferdinand Porsche.

La sua voglia di abbattere le barriere della convenzionalità e andare oltre la tradizione finisce per portarlo lontano da GM, azienda dalla quale diede le dimissioni nel 1973, abbandonando una prestigiosa posizione da oltre 600.000 mila dollari l'anno per abbracciare un'onirica incognita: fondare una casa automobilistica dove poter avere finalmente carta bianca.

DeLorean Motor Company

All'origine dell'avventura della sua DeLorean Motor Company due sono i problemi che si presentano: trovare il giusto design dell'auto e i fondi necessari alla sua produzione. A chi rivolgersi quando si vogliono delle belle linee? "Agli italiani" è la sua risposta, difatti contatta Giorgietto Giugiaro, autore fra le altre della Fiat Panda e della Lotus Esprit.

Rispondere alla voce "fondi" è un'operazione meno scontata. DeLorean decide di bypassare i tradizionali metodi per attrarre investitori e dirigersi direttamente alla fonte, ovvero ai governi, in particolare di quelle regioni con alti tassi di disoccupazione, promettendo loro di alleviare, con l'installazione della sua azienda, le conseguenze di questa grave piaga sociale. Dove gli altri vedono un deterrente egli vede un'opportunità e incredibilmente la scelta del luogo ricade, con un colpo di teatro, sull'Irlanda del Nord, una terra in quegli anni dilaniata da una sanguinosa guerra civile e dove un uomo su tre era senza lavoro. La promessa di investire in quella che il mondo vedeva come una causa persa convinse il governo britannico a scucire la cifra record di oltre 100 milioni di sterline per installare una fabbrica a Belfast: è lì che sarebbe nata la DeLorean DMC-12.

Tornando alla macchina, quella che nella mente del suo creatore doveva essere una "magnifica auto sportiva, diversa da qualunque altra cosa fosse mai esistita in passato", un'auto però anche dai consumi e costi contenuti, figlia dei suoi tempi, e quindi delle conseguenze della crisi petrolifera, presentava due peculiari caratteristiche.

La fantastica carrozzeria in acciaio INOX non verniciata e la scenografica soluzione delle portiere ad ali di gabbiano, una trovata mutuata direttamente dalle celebri frecce d'argento "Gullwing" icone degli anni Cinquanta. Il suo affascinante e futuristico design non era però accompagnato da prestazioni altrettanto adeguate.
Le normative anti-inquinamento, l'eco dell'austerity e la poca flessibilità dei fornitori costrinsero DeLorean a dover ripiegare verso un poco brioso V6 PRV (Peugeot-Renault-Volvo) da 130 CV che si presentava inadeguato a fronte di un peso del corpo vettura pari a 1290 kg. Troppo poco, a maggior ragione per uno dei padri delle "muscle car".

Il primo modello DeLorean

Nel gennaio 1981 il primo esemplare di DeLorean esce dalla catena di montaggio di Belfast ma nonostante al progetto avessero collaborato nomi come il leggendario ingegnere Lotus Colin Chapman o il già citato Giugiaro e la straordinaria campagna di marketing messa in piedi dall'Elon Musk ante litteram, John DeLorean, la fase della vendita si rivelò drammatica per una serie di fattori, esogeni ed endogeni.

John aveva deciso di mantenere il suo dispendioso stile di vita "da General Motors" anche una volta al comando della sua piccola creatura, non esitando, quando se ne presentò l'occasione, a sottrarre illecitamente milioni di dollari dalle casse dell'azienda per scopi privati. Non tenne a freno il suo stile di vita nemmeno quando iniziarono a lievitare i tempi e i costi della produzione, o quando apparvero evidenti alcune gravi conseguenze del lavoro dell'inesperta catena di montaggio nordirlandese - che mai aveva costruito un'auto prima di allora - con le portiere e i finestrini delle vetture che non di rado rimanevano incastrati. L'auto passò a listino dai preventivati 12.000 dollari fino a toccare quota 25.000, un prezzo molto lontano dall'ideale della "macchina economica". In questo quadro fosco le poco esaltanti prestazioni dell'automobile e il cambio della guardia alla guida della Gran Bretagna, con l'arrivo della Lady di Ferro Margareth Thatcher, ben poco entusiasta delle generose politiche economiche adottate dai suoi predecessori, fecero il resto.

Lontani dal "live the dream", l'accattivante slogan usato per il lancio sul mercato mondiale del suo primo modello, e con negative coincidenze e contingenze la neonata azienda motoristica arrivò sull'orlo del baratro, con pochi modelli prodotti, ancor meno venduti, milioni di debiti e operai in cassa integrazione.
Nel baratro egli e tutta la sua azienda vi precipitano definitivamente quando DeLorean, ormai disperato e pronto a tutto per salvare in tempi bravi l'azienda, finisce nella trappola ordita dall'FBI che mette in scena un finto scambio di droga che lo coinvolge, finendo addirittura in manette e in prigione con la grave accusa di traffico di stupefacenti.

Sarà scagionato dalle accuse dopo un lungo e sfiancante processo solo grazie alle prove fornite da una fonte insospettabile, il pornografo Larry Flint, in quegli anni anche lui perseguitato - a suo dire - senza scrupoli dai federali. Quella che non sarà mai riabilitata sarà però la sua persona: "Le andrebbe ancora di acquistare un'auto usata da me?", proferirà sarcastico a un giornalista poco dopo essere stato prosciolto da ogni capo d'accusa, e in effetti avrà ragione. La sua vita professionale e privata andrà in frantumi da quel momento in poi.

Finirà i suoi giorni nel 2005, lontano dalle luci della ribalta, in un anonimo appartamento nel New Jersey, impegnato nella vendita di orologi online.
La vita del magnate assume davvero i tratti - tra droga, guerra civile, FBI e automobili - di una pellicola hollywoodiana e ironia della sorte sarà proprio un film che, quando sarà ormai troppo tardi - con l'azienda costretta a chiudere definitivamente i battenti già nel 1982 - contribuirà a dare vita eterna alla sfortunata creazione di Mr. DeLorean.

La gloria dopo il fallimento

Sono trascorsi tre anni dal suo fallimento quando il team del regista Zemeckis si mette alla ricerca di un'auto per il proprio film, possibilmente una vettura fuori produzione, per la quale non dover pagare i diritti alla casa produttrice.

La futuristica (ed economica) DMC-12 gli apparve come una rivelazione poiché, come sostiene nel film Emmett "Doc" Brown al giovane protagonista Marty McFly, "dovendo trasformare un'automobile in una macchina del tempo perché non usare una bella automobile?".
Per farla viaggiare nel tempo e renderla leggendaria manca solo una cosa: installare su di essa il celeberrimo flusso canalizzatore, componente chiave per il viaggio trans-dimensionale. Situato dietro i sedili della DeLorean, il complicato sistema appare come un incrocio a "Y" di tre tubicini in cui scorre un misterioso fluido luminoso. Il flusso canalizzatore si attiva automaticamente nel momento in cui l'auto raggiunge la velocità di 88 miglia orarie (141,6 km/h), lasciando dietro di sé una scenografica scia di fiamme sull'asfalto.

La storia dell'auto, conclusasi mestamente poco prima che Hollywood potesse renderla un successo planetario, finisce in congelatore almeno fino ad oggi, quando un altro sognatore, Stephen Wynne, proprietario della società che negli anni Novanta ha acquistato il marchio DeLorean, tutti i pezzi di ricambio e le restanti ceneri della Motor Company, a sorpresa ha deciso di annunciare il ritorno sul mercato della DMC-12.
Direttamente da Humble, Texas, il nuovo World Headquarter DMC, il sogno di rivedere la DMC-12 sulle nostre strade torna a essere reale, con la compagnia che ha optato per una soluzione 100% elettrica introdotta dallo slogan DeLorean EVolved.

Dal primo video teaser della nuova edizione della vettura resa famosa da Ritorno al Futuro (a tal proposito date un'occhiata alle auto più iconiche della storia del cinema), rilasciato pochi giorni fa, uno dei pochi tratti che è possibile scorgere è l'inconfondibile silhouette delle ali di gabbiano.
La nuova DMC-12 EV con ogni probabilità diventerà più moderna, anche negli interni, magari dotandosi di un OS smart o, perché no, di un sistema di guida autonoma degno della trilogia di Robert Zemeckis.