È il 26 maggio 1923 quando da un'idea di tre gentiluomini nasce una gara di ventiquattr'ore allo scopo di dimostrare l'affidabilità delle vetture turismo. A resistere, più delle auto di quella pionieristica prima edizione - corsa per lunghi tratti tra buche e fango - sarà il mito della 24 Ore di Le Mans. Marchi leggendari e assi del volante che, sfidando la stanchezza e la fatica, sfrecciano a velocità folli sull'infinito rettilineo dell'Hunaudières prima di lanciarsi nel tratto tecnico della foresta e riveder la luce al curvone Dunlop. "Nessuna auto sarà abbastanza affidabile per reggere una prova di 24 ore" è la sentenza degli esperti. Confutare questa convinzione è stata alla base di una storia lunga 100 anni e che ci apprestiamo a ripercorrere.
L'età dei pionieri a Le Mans
In quella sopracitata prima edizione, contro ogni previsione, solo 3 vetture non finirono la gara, mentre a spuntarla fu una Chenard & Walcker da 3 litri, alla media oraria di 92 km/h. La vettura più veloce di quella "prima storica" si dimostrò però la Bentley, pur con l'insolita scelta tecnica di disporre di un impianto frenante solo sull'asse posteriore. Sarà proprio il marchio inglese, infatti, a dominare gli albori della corsa di durata conquistando 5 delle successive 7 edizioni.
Prima della tragedia del Secondo conflitto Mondiale saranno altri due grandi marchi dell'auto a contendersi quella che nell'immaginario collettivo sta diventando sempre più "la gara automobilistica per eccellenza". Alfa Romeo e poi Bugatti si spartiscono ben 6 successi nelle successive 8 edizioni, con uno score di 4 a 2 per gli italiani sulla Casa dell'emigrato milanese in terra di Francia Ettore Bugatti.
Il timbro Ferrari
Al ritorno dalla guerra firma l'albo d'oro della corsa anche quello che si affermerà negli anni successivi come il più prestigioso marchio dell'industria sportiva delle quattro ruote: la Ferrari. Quella che allora era ancora una piccola realtà decise di superare le ferite del conflitto tentando di conquistare la maratona di auto più importante al mondo.
All'epoca per partecipare servivano due vetture, otto meccanici e un pilota da affiancare a Luigi Chinetti, driver italo-americano e importatore di auto negli States che molto ha spinto per portare a Le Mans la Rossa. La Ferrari di quell'epoca però fa fatica ad assemblare anche solo questo piccolo gruppo e, come driver, la scelta ricade, per questioni economiche, sul ricco Lord Selsdon. L'equipaggio non potrebbe essere più sbilanciato ma l'importante è essere al via. Con grande sorpresa i due saranno i primi sotto la bandiera a scacchi. Luigi Chinetti rimarrà per oltre 20 ore al volante della rossa, lasciando l'abitacolo all'aristocratico co-pilota solo per poco tempo, quanto basta per riposare e inserire il nome del finanziatore nell'albo d'oro della maratona francese. È il primo grande successo internazionale della Ferrari e il primo successo di un dodici cilindri a Le Mans. È anche l'inizio di un lungo feeling tra le rosse e la maratona francese che vedrà la casa del Cavallino scrivere per nove volte il proprio nome nell'albo d'oro. Un risultato ancora più rilevante se si tiene conto che la casa italiana tornerà a giugno 2023 in pista a Le Mans dopo un'assenza lunga mezzo secolo.
The Deadlist Le Mans
Prima di arrivare allo scontro leggendario Ford vs. Ferrari che tanto ha entusiasmato all'epoca quanto la cinematografia oggigiorno (10 imperdibili documentari sul motorsport) - come dimostrano i recenti prodotti The 24 Hour War (2016) e Le Mans '66 - La grande sfida (2019) - è il momento per altri tre marchi leggendari di trionfare: Jaguar (1951, ‘53, ‘55-57), Aston Martin (1959) e Mercedes (1952).
Una breve parentesi, quella di Mercedes, interrottasi già nel 1955, l'edizione più nera della corsa. 84 vittime e 120 feriti fanno del "The Deadlist Crash" il peggiore incidente nella storia dell'automobilismo sportivo, mettendo in discussione il futuro sportivo tanto di Mercedes quanto dell'evento stesso. Se Mercedes si ritirò dalle competizioni fino al 1987 stessa cosa non accadde alla 24 Ore pronta invece a entrare, negli anni Sessanta, nella sua epoca d'oro.
L'epoca d'oro: Ford vs Ferrari
Per provare ad arginare il dominio della Ferrari, ininterrotto dal 1960, scende in campo il colosso americano Ford. Dopo lo sgarbo agli occhi degli americani di Enzo Ferrari - che si rimangiò al momento della firma l'accordo che avrebbe sancito l'epocale fusione tra le due aziende - Henry Ford II decide di farla pagare sul campo al Grande Vecchio. Teatro dello scontro saranno naturalmente gli oltre 13 chilometri de La Sarthe. L'arma approntata per sbaragliare la Ferrari fu la splendida GT40, da subito velocissima ma al contempo acerba. Tutte le GT40 andranno in fumo sia nell'edizione 1964 che 1965, regalando altrettanti successi ai rivali in rosso, giunti nel frattempo a quota 6 trionfi consecutivi.
Dopo due "omicidi all'italiana", come titolarono coloriti i giornali americani dell'epoca, la volta buona arriva nel 1966. La resa dei conti fra la sofisticata e leggera Ferrari contro l'aggressiva e potente Ford. L'arrivo in parata sotto la pioggia battente delle 3 GT40 Mark II è l'iconica cartolina del trionfo americano. Un trionfo bissato l'anno successivo, quando a scontrarsi saranno due delle vetture più iconiche di tutti i tempi: la meravigliosa Ferrari 330 P4 e la Ford Mark IV. Nel decennio 1960-69 solo due marchi saranno in grado di vincere a Le Mans: Ferrari e Ford.
Settanta: una nuova Era
Già i primi anni Settanta sono però forieri di grandi novità. Le Mans è ormai un fenomeno globale, grazie anche a lavori come la gigantesca opera filmica motoristica del 1971 "Le Mans", ambientata nell'omonimo tracciato durante la 24 ore del 1970 e interpretata dall'iconico attore-pilota Steve McQueen. Il 1970 è un'edizione che sarà ricordata per altri due fatti: l'abolizione della spericolata partenza "Le Mans" - a spina di pesce - e l'inizio dell'era Porsche. L'anno prima, infatti, il 24enna belga dal piede pesante Jackie Ickx apre gli occhi al mondo camminando placidamente verso la propria vettura al momento dello start.
"In una gara di 24h partire senza allacciarsi la cintura per risparmiare una ventina da secondi è da stupidi", pensa Ickx mentre si appresta ad affrontare con la sua Ford GT40 le temibili Porsche 917 "coda lunga". Qualcuno dai box mima addirittura il gesto del pollo accusandolo di vigliaccheria, ma a trionfare sul traguardo sarà proprio la Ford numero 6 del belga davanti ai rivali Porsche. La rivincita della Porsche arriverà l'anno successivo. Hermann e Attwood apriranno l'Era Porsche cogliendo il primo di 19 successi che il costruttore tedesco otterrà in terra di Francia. Un record ancora ineguagliato.
Ottanta: il dominio Porsche
Nel dominio Porsche degli anni Ottanta sono in pochi a riuscire a mettersi alle spalle le 936, 956 e 962 della casa di Zuffenhausen. Vi riesce nel 1980 Jean Rondeau con un'omonima vettura, diventando così il primo e unico pilota a vincere la gara con un'auto di sua progettazione. Vi riescono poi a fine decennio la Jaguar bianco-viola del team Silk Cut e, l'anno successivo (1989), l'argentata Sauber Mercedes.
Sono quelli gli anni nei quali si raggiungono velocità folli sull'infinito rettilineo di oltre 6 chilometri noto come Les Hunaudiéres, tratto normalmente aperto alla circolazione stradale che collega Le Mans alla città di Tours. Sul più lungo rettilineo al mondo fra gli stradali nel 1988 la WM Peugeot #51 guidata da Roger Dorchy - spinta da un motore turbocompresso sovralimentato da 850 CV - stabilì il record di velocità toccando i 405 km/h. è il momento per gli organizzatori (1990) di inserire due chicane con l'obiettivo di spezzare l'infinito allungo, riducendone la velocità di percorrenza. Quello stesso anno in gara la Jaguar fermò comunque il contachilometri a quota 353 km/h.
Novanta: il decennio dei costruttori
Gli anni Novanta vedono un gran numero di costruttori alternarsi sul gradino più alto della celebre corsa di durata: Mazda, Peugeot, McLaren e BMW. Nell'edizione del 1998 sono addirittura 6 i costruttori al via della gara: Porsche (poi vincitrice), Toyota, Mercedes, Nissan, BMW e Chrysler. L'edizione del 1991 vede lo storico e inaspettato primo successo di un marchio giapponese, Mazda, con la sua 787B spinta da un motore rotativo.
Nell'equipaggio si distinguerà il pilota F1 Johnny Herbert che, nel 1995, sarà alla Benetton compagno di squadra di un certo Michael Schumacher. Anche il giovane asso tedesco parteciperà a quella gara, con una Mercedes, piazzandosi quinto nella generale e siglando il miglior giro in gara. Gare che ormai vedono le medie di percorrenza superare ampiamente i 200 km/h. Per assistere a sun nuovo trionfo i giapponesi dovranno aspettare 27 anni, con l'inizio dell'era Toyota.
La favola McLaren
Nel 1995 è il momento di un'altra favola. La McLaren F1 è l'auto stradale più incredibile del mondo, ma non vende quanto dovrebbe. Per dare una scossa al mercato, McLaren decide allora di scendere in pista alla 24h di Le Mans con la F1 contro i velocissimi prototipi, vetture decisamente più specializzate in termini di pista. Quindi, onde evitare figuracce, la Casa sceglie di partecipare in modalità stealth, per poter dire di non essersi impegnata ufficialmente nel caso la gara si riveli poi un fallimento.
Il piano è di fornire alcune neonate F1 GTR ad alcuni selezionati team "privati", in realtà formati per buona parte da uomini McLaren. Alla partenza, infatti, la F1 si troverà almeno tre squadre avversarie più veloci: si tratta dei prototipi Courage Porsche, Kremer e Wr Peugeot. Vetture da corsa che hanno una velocità di percorrenza curva più elevata, fondamentale a Le Mans. La gara più bagnata della storia però (pioverà per 17 ore su 24) ribalta le carte in tavola e le vetture GT riescono a sfruttare il proprio potenziale meglio dei prototipi, che perdono tutto il vantaggio tecnico e, nei settori più guidati, diventano tremendamente difficili da guidare.
A trionfare sarà pertanto, contro ogni previsione, la McLaren nero-opaca di Dalms, Letho e Sekiya approntata dal team il cui nome sembra quello di un manga: Kokusai Kaihatsu Racing. Una vettura divenuta subito un instant classic.
I tabù di Audi
Gli anni Duemila infrangono altri tabù della 24 Ore e grande protagonista è la tedesca Audi. Dopo anni di dominio della R8 - 5 successi in 6 edizioni, interrotti solo nel 2003 dalla splendida Bentley Speed 8 - l'Audi mette appunto nel 2006 la R10 spinta da un motore diesel, non benzina. Il terzetto formato da Emanuele Pirro, Frank Biela e Marco Werner condurrà così alla vittoria la prima automobile dotata di motore a gasolio anche grazie al pochissimo tempo trascorso ai box per il basso consumo di carburante.
Sei anni dopo è ancora la casa di Ingolstadt a riscrivere la storia portando sul gradino più alto la R18 e-tron quattro, la prima ibrida della storia. L'anno successivo un altro record lo sigla stavolta un uomo dell'equipaggio della Casa degli Anelli. Si tratta del veterano danese Tom Kristensen, alias Mr. Le Mans, 9 volte campione in 18 partecipazioni, sette delle quali con Audi.
Il Sol Levante
A sfidare il dominio tedesco del nuovo millennio di Audi e Porsche ci ha pensato Toyota. La scalata al vertice della corsa più famosa al mondo è stata però lunga ed accidentata. Dopo il debutto della TS030 Hybrid nel 2012 la gloria sembra giungere finalmente nel 2016. La Toyota #5 guidata in quel momento da Kazuki Nakajima è in testa alla gara quando a 3 minuti dalla fine decide di ammutolirsi sul rettilineo davanti ai box, regalando così il successo alla Porsche #2, in quello che è probabilmente il più incredibile finale nella storia della corsa. Nel 2017 non basta una vettura velocissima e in grado di centrare con Kamui Kobayashi il record del circuito (3'14"791) a una media di 252, 882 km/h.
Tra incidenti e rotture, infatti, tutti e tre gli equipaggi nipponici saranno costretti al ritiro, ancora una volta per la gioia di Porsche (19 successi). La volta buona arriva nel 2018 quando, senza più Porsche, la casa giapponese ottiene una storica doppietta. Al volante della TS050 # 8 vincitrice figura anche il nome della leggenda asturiana Fernando Alonso, quell'anno sdoppiatosi tra mondiale Endurance e Formula 1. Da quel momento nessuno è più stato in grado di aggiungere il proprio nome all'albo d'oro della corsa delle corse.
Road to LM 2023
A provare a interrompere l'egemonia nipponica - giunta a cinque successi consecutivi - quest'anno ci proverà uno stuolo di concorrenti più nutrito degli anni passati. Nella classe regina - appena ribattezzata Hypercar - figurano infatti nomi come Cadillac, Porsche, Glickenhaus e Peugeot. Quest'ultima, in particolare, con la sua concezione aerodinamica estrema e "senza ala posteriore", è stata concepita per poter sfruttare al massimo proprio le caratteristiche del circuito transalpino che premia l'efficienza aerodinamica e la velocità di punta.
Dopo i primi appuntamenti del mondiale Endurance è evidente però come la più grande minaccia alla favorita Toyota possa venire dalla 449P sviluppata a Maranello da Ferrari. Dopo cinquant'anni d'attesa la presenza sulla griglia delle Rosse renderà ancor più speciale l'edizione del Centenario. Appuntamento fissato dunque al 10 giugno 2023 per vedere chi si aggiudicherà l'ambitissima edizione. Se il trofeo della 24 Ore di Le Mans viene solitamente rimesso in gioco ogni anno - diventando di proprietà del costruttore o della squadra che vince l'evento per tre volte di seguito - questa volta al vincitore verrà consegnato un trofeo unico nel suo genere.
Progettato dall'artista francese Joaquin Jiminez e creato dalla Monnaie de Paris - ossia la Borsa Nazionale di Francia - il Trofeo del Centenario è alto quasi un metro e mezzo, è stato realizzato in bronzo e sarà conservato a vita dal vincitore della 24 Ore di Le Mans 2023. Un'ulteriore novità per un evento leggendario che omaggia la propria tradizione ma che al contempo non smette di guardare al futuro. Dalla H24 Mission - che mira a creare una categoria di prototipi a idrogeno in grado di vincere la 24 Ore di Le Mans - alla Race 2030 - che ha l'obiettivo di rendere la 24 Ore di Le Mans carbon neutral entro il 2030 - a Le Mans si corre spediti non solo in pista ma anche verso il futuro.
1923-2023: 100 anni dell'intramontabile 24 Ore di Le Mans
Dalle prime vetture turismo alle moderne Hypercar: 100 anni di imprese, lacrime e sudore sulla più iconica pista del mondo delle quattro ruote.
È il 26 maggio 1923 quando da un'idea di tre gentiluomini nasce una gara di ventiquattr'ore allo scopo di dimostrare l'affidabilità delle vetture turismo. A resistere, più delle auto di quella pionieristica prima edizione - corsa per lunghi tratti tra buche e fango - sarà il mito della 24 Ore di Le Mans. Marchi leggendari e assi del volante che, sfidando la stanchezza e la fatica, sfrecciano a velocità folli sull'infinito rettilineo dell'Hunaudières prima di lanciarsi nel tratto tecnico della foresta e riveder la luce al curvone Dunlop. "Nessuna auto sarà abbastanza affidabile per reggere una prova di 24 ore" è la sentenza degli esperti. Confutare questa convinzione è stata alla base di una storia lunga 100 anni e che ci apprestiamo a ripercorrere.
L'età dei pionieri a Le Mans
In quella sopracitata prima edizione, contro ogni previsione, solo 3 vetture non finirono la gara, mentre a spuntarla fu una Chenard & Walcker da 3 litri, alla media oraria di 92 km/h. La vettura più veloce di quella "prima storica" si dimostrò però la Bentley, pur con l'insolita scelta tecnica di disporre di un impianto frenante solo sull'asse posteriore. Sarà proprio il marchio inglese, infatti, a dominare gli albori della corsa di durata conquistando 5 delle successive 7 edizioni.
Prima della tragedia del Secondo conflitto Mondiale saranno altri due grandi marchi dell'auto a contendersi quella che nell'immaginario collettivo sta diventando sempre più "la gara automobilistica per eccellenza". Alfa Romeo e poi Bugatti si spartiscono ben 6 successi nelle successive 8 edizioni, con uno score di 4 a 2 per gli italiani sulla Casa dell'emigrato milanese in terra di Francia Ettore Bugatti.
Il timbro Ferrari
Al ritorno dalla guerra firma l'albo d'oro della corsa anche quello che si affermerà negli anni successivi come il più prestigioso marchio dell'industria sportiva delle quattro ruote: la Ferrari. Quella che allora era ancora una piccola realtà decise di superare le ferite del conflitto tentando di conquistare la maratona di auto più importante al mondo.
All'epoca per partecipare servivano due vetture, otto meccanici e un pilota da affiancare a Luigi Chinetti, driver italo-americano e importatore di auto negli States che molto ha spinto per portare a Le Mans la Rossa. La Ferrari di quell'epoca però fa fatica ad assemblare anche solo questo piccolo gruppo e, come driver, la scelta ricade, per questioni economiche, sul ricco Lord Selsdon. L'equipaggio non potrebbe essere più sbilanciato ma l'importante è essere al via. Con grande sorpresa i due saranno i primi sotto la bandiera a scacchi. Luigi Chinetti rimarrà per oltre 20 ore al volante della rossa, lasciando l'abitacolo all'aristocratico co-pilota solo per poco tempo, quanto basta per riposare e inserire il nome del finanziatore nell'albo d'oro della maratona francese. È il primo grande successo internazionale della Ferrari e il primo successo di un dodici cilindri a Le Mans. È anche l'inizio di un lungo feeling tra le rosse e la maratona francese che vedrà la casa del Cavallino scrivere per nove volte il proprio nome nell'albo d'oro. Un risultato ancora più rilevante se si tiene conto che la casa italiana tornerà a giugno 2023 in pista a Le Mans dopo un'assenza lunga mezzo secolo.
The Deadlist Le Mans
Prima di arrivare allo scontro leggendario Ford vs. Ferrari che tanto ha entusiasmato all'epoca quanto la cinematografia oggigiorno (10 imperdibili documentari sul motorsport) - come dimostrano i recenti prodotti The 24 Hour War (2016) e Le Mans '66 - La grande sfida (2019) - è il momento per altri tre marchi leggendari di trionfare: Jaguar (1951, ‘53, ‘55-57), Aston Martin (1959) e Mercedes (1952).
Una breve parentesi, quella di Mercedes, interrottasi già nel 1955, l'edizione più nera della corsa. 84 vittime e 120 feriti fanno del "The Deadlist Crash" il peggiore incidente nella storia dell'automobilismo sportivo, mettendo in discussione il futuro sportivo tanto di Mercedes quanto dell'evento stesso. Se Mercedes si ritirò dalle competizioni fino al 1987 stessa cosa non accadde alla 24 Ore pronta invece a entrare, negli anni Sessanta, nella sua epoca d'oro.
L'epoca d'oro: Ford vs Ferrari
Per provare ad arginare il dominio della Ferrari, ininterrotto dal 1960, scende in campo il colosso americano Ford. Dopo lo sgarbo agli occhi degli americani di Enzo Ferrari - che si rimangiò al momento della firma l'accordo che avrebbe sancito l'epocale fusione tra le due aziende - Henry Ford II decide di farla pagare sul campo al Grande Vecchio. Teatro dello scontro saranno naturalmente gli oltre 13 chilometri de La Sarthe. L'arma approntata per sbaragliare la Ferrari fu la splendida GT40, da subito velocissima ma al contempo acerba. Tutte le GT40 andranno in fumo sia nell'edizione 1964 che 1965, regalando altrettanti successi ai rivali in rosso, giunti nel frattempo a quota 6 trionfi consecutivi.
Dopo due "omicidi all'italiana", come titolarono coloriti i giornali americani dell'epoca, la volta buona arriva nel 1966. La resa dei conti fra la sofisticata e leggera Ferrari contro l'aggressiva e potente Ford. L'arrivo in parata sotto la pioggia battente delle 3 GT40 Mark II è l'iconica cartolina del trionfo americano. Un trionfo bissato l'anno successivo, quando a scontrarsi saranno due delle vetture più iconiche di tutti i tempi: la meravigliosa Ferrari 330 P4 e la Ford Mark IV. Nel decennio 1960-69 solo due marchi saranno in grado di vincere a Le Mans: Ferrari e Ford.
Settanta: una nuova Era
Già i primi anni Settanta sono però forieri di grandi novità. Le Mans è ormai un fenomeno globale, grazie anche a lavori come la gigantesca opera filmica motoristica del 1971 "Le Mans", ambientata nell'omonimo tracciato durante la 24 ore del 1970 e interpretata dall'iconico attore-pilota Steve McQueen. Il 1970 è un'edizione che sarà ricordata per altri due fatti: l'abolizione della spericolata partenza "Le Mans" - a spina di pesce - e l'inizio dell'era Porsche. L'anno prima, infatti, il 24enna belga dal piede pesante Jackie Ickx apre gli occhi al mondo camminando placidamente verso la propria vettura al momento dello start.
"In una gara di 24h partire senza allacciarsi la cintura per risparmiare una ventina da secondi è da stupidi", pensa Ickx mentre si appresta ad affrontare con la sua Ford GT40 le temibili Porsche 917 "coda lunga". Qualcuno dai box mima addirittura il gesto del pollo accusandolo di vigliaccheria, ma a trionfare sul traguardo sarà proprio la Ford numero 6 del belga davanti ai rivali Porsche. La rivincita della Porsche arriverà l'anno successivo. Hermann e Attwood apriranno l'Era Porsche cogliendo il primo di 19 successi che il costruttore tedesco otterrà in terra di Francia. Un record ancora ineguagliato.
Ottanta: il dominio Porsche
Nel dominio Porsche degli anni Ottanta sono in pochi a riuscire a mettersi alle spalle le 936, 956 e 962 della casa di Zuffenhausen. Vi riesce nel 1980 Jean Rondeau con un'omonima vettura, diventando così il primo e unico pilota a vincere la gara con un'auto di sua progettazione. Vi riescono poi a fine decennio la Jaguar bianco-viola del team Silk Cut e, l'anno successivo (1989), l'argentata Sauber Mercedes.
Sono quelli gli anni nei quali si raggiungono velocità folli sull'infinito rettilineo di oltre 6 chilometri noto come Les Hunaudiéres, tratto normalmente aperto alla circolazione stradale che collega Le Mans alla città di Tours. Sul più lungo rettilineo al mondo fra gli stradali nel 1988 la WM Peugeot #51 guidata da Roger Dorchy - spinta da un motore turbocompresso sovralimentato da 850 CV - stabilì il record di velocità toccando i 405 km/h. è il momento per gli organizzatori (1990) di inserire due chicane con l'obiettivo di spezzare l'infinito allungo, riducendone la velocità di percorrenza. Quello stesso anno in gara la Jaguar fermò comunque il contachilometri a quota 353 km/h.
Novanta: il decennio dei costruttori
Gli anni Novanta vedono un gran numero di costruttori alternarsi sul gradino più alto della celebre corsa di durata: Mazda, Peugeot, McLaren e BMW. Nell'edizione del 1998 sono addirittura 6 i costruttori al via della gara: Porsche (poi vincitrice), Toyota, Mercedes, Nissan, BMW e Chrysler. L'edizione del 1991 vede lo storico e inaspettato primo successo di un marchio giapponese, Mazda, con la sua 787B spinta da un motore rotativo.
Nell'equipaggio si distinguerà il pilota F1 Johnny Herbert che, nel 1995, sarà alla Benetton compagno di squadra di un certo Michael Schumacher. Anche il giovane asso tedesco parteciperà a quella gara, con una Mercedes, piazzandosi quinto nella generale e siglando il miglior giro in gara. Gare che ormai vedono le medie di percorrenza superare ampiamente i 200 km/h. Per assistere a sun nuovo trionfo i giapponesi dovranno aspettare 27 anni, con l'inizio dell'era Toyota.
La favola McLaren
Nel 1995 è il momento di un'altra favola. La McLaren F1 è l'auto stradale più incredibile del mondo, ma non vende quanto dovrebbe. Per dare una scossa al mercato, McLaren decide allora di scendere in pista alla 24h di Le Mans con la F1 contro i velocissimi prototipi, vetture decisamente più specializzate in termini di pista. Quindi, onde evitare figuracce, la Casa sceglie di partecipare in modalità stealth, per poter dire di non essersi impegnata ufficialmente nel caso la gara si riveli poi un fallimento.
Il piano è di fornire alcune neonate F1 GTR ad alcuni selezionati team "privati", in realtà formati per buona parte da uomini McLaren. Alla partenza, infatti, la F1 si troverà almeno tre squadre avversarie più veloci: si tratta dei prototipi Courage Porsche, Kremer e Wr Peugeot. Vetture da corsa che hanno una velocità di percorrenza curva più elevata, fondamentale a Le Mans. La gara più bagnata della storia però (pioverà per 17 ore su 24) ribalta le carte in tavola e le vetture GT riescono a sfruttare il proprio potenziale meglio dei prototipi, che perdono tutto il vantaggio tecnico e, nei settori più guidati, diventano tremendamente difficili da guidare.
A trionfare sarà pertanto, contro ogni previsione, la McLaren nero-opaca di Dalms, Letho e Sekiya approntata dal team il cui nome sembra quello di un manga: Kokusai Kaihatsu Racing. Una vettura divenuta subito un instant classic.
I tabù di Audi
Gli anni Duemila infrangono altri tabù della 24 Ore e grande protagonista è la tedesca Audi. Dopo anni di dominio della R8 - 5 successi in 6 edizioni, interrotti solo nel 2003 dalla splendida Bentley Speed 8 - l'Audi mette appunto nel 2006 la R10 spinta da un motore diesel, non benzina. Il terzetto formato da Emanuele Pirro, Frank Biela e Marco Werner condurrà così alla vittoria la prima automobile dotata di motore a gasolio anche grazie al pochissimo tempo trascorso ai box per il basso consumo di carburante.
Sei anni dopo è ancora la casa di Ingolstadt a riscrivere la storia portando sul gradino più alto la R18 e-tron quattro, la prima ibrida della storia. L'anno successivo un altro record lo sigla stavolta un uomo dell'equipaggio della Casa degli Anelli. Si tratta del veterano danese Tom Kristensen, alias Mr. Le Mans, 9 volte campione in 18 partecipazioni, sette delle quali con Audi.
Il Sol Levante
A sfidare il dominio tedesco del nuovo millennio di Audi e Porsche ci ha pensato Toyota. La scalata al vertice della corsa più famosa al mondo è stata però lunga ed accidentata. Dopo il debutto della TS030 Hybrid nel 2012 la gloria sembra giungere finalmente nel 2016. La Toyota #5 guidata in quel momento da Kazuki Nakajima è in testa alla gara quando a 3 minuti dalla fine decide di ammutolirsi sul rettilineo davanti ai box, regalando così il successo alla Porsche #2, in quello che è probabilmente il più incredibile finale nella storia della corsa. Nel 2017 non basta una vettura velocissima e in grado di centrare con Kamui Kobayashi il record del circuito (3'14"791) a una media di 252, 882 km/h.
Tra incidenti e rotture, infatti, tutti e tre gli equipaggi nipponici saranno costretti al ritiro, ancora una volta per la gioia di Porsche (19 successi). La volta buona arriva nel 2018 quando, senza più Porsche, la casa giapponese ottiene una storica doppietta. Al volante della TS050 # 8 vincitrice figura anche il nome della leggenda asturiana Fernando Alonso, quell'anno sdoppiatosi tra mondiale Endurance e Formula 1. Da quel momento nessuno è più stato in grado di aggiungere il proprio nome all'albo d'oro della corsa delle corse.
Road to LM 2023
A provare a interrompere l'egemonia nipponica - giunta a cinque successi consecutivi - quest'anno ci proverà uno stuolo di concorrenti più nutrito degli anni passati. Nella classe regina - appena ribattezzata Hypercar - figurano infatti nomi come Cadillac, Porsche, Glickenhaus e Peugeot. Quest'ultima, in particolare, con la sua concezione aerodinamica estrema e "senza ala posteriore", è stata concepita per poter sfruttare al massimo proprio le caratteristiche del circuito transalpino che premia l'efficienza aerodinamica e la velocità di punta.
Dopo i primi appuntamenti del mondiale Endurance è evidente però come la più grande minaccia alla favorita Toyota possa venire dalla 449P sviluppata a Maranello da Ferrari. Dopo cinquant'anni d'attesa la presenza sulla griglia delle Rosse renderà ancor più speciale l'edizione del Centenario. Appuntamento fissato dunque al 10 giugno 2023 per vedere chi si aggiudicherà l'ambitissima edizione. Se il trofeo della 24 Ore di Le Mans viene solitamente rimesso in gioco ogni anno - diventando di proprietà del costruttore o della squadra che vince l'evento per tre volte di seguito - questa volta al vincitore verrà consegnato un trofeo unico nel suo genere.
Progettato dall'artista francese Joaquin Jiminez e creato dalla Monnaie de Paris - ossia la Borsa Nazionale di Francia - il Trofeo del Centenario è alto quasi un metro e mezzo, è stato realizzato in bronzo e sarà conservato a vita dal vincitore della 24 Ore di Le Mans 2023. Un'ulteriore novità per un evento leggendario che omaggia la propria tradizione ma che al contempo non smette di guardare al futuro. Dalla H24 Mission - che mira a creare una categoria di prototipi a idrogeno in grado di vincere la 24 Ore di Le Mans - alla Race 2030 - che ha l'obiettivo di rendere la 24 Ore di Le Mans carbon neutral entro il 2030 - a Le Mans si corre spediti non solo in pista ma anche verso il futuro.
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