I 100 anni dell'Autodromo di Monza: un secolo di battaglie

Un secolo di battaglie: dall'anello di velocità alle Varianti, dai tragici incidenti alla passione della “marea rossa”.

I 100 anni dell'Autodromo di Monza: un secolo di battaglie
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Correva l'anno 1922 quando l'Automobile Club di Milano decise, per festeggiare i 25 anni dalla sua fondazione, di costruire un circuito permanente all'interno della meravigliosa cornice offerta dall'Ottocentesco Parco di Monza, uno dei maggiori parchi europei con i suoi 688 ettari di estensione. L'autodromo doveva diventare la sede eletta del GP d'Italia e contribuire a dare slancio alla già vitale industria automobilistica italiana. La posa della prima pietra avvenne per mano di due grandi figure dell'automobilismo nostrano, il pilota Felice Nazzaro e l'imprenditore Vincenzo Lancia, fondatore dell'omonima casa costruttrice.

La costruzione del tracciato avvenne a tempo di record, in soli 110 giorni. Il debutto ufficiale dell'autodromo avverrà, sotto una fitta pioggerella, il 3 settembre di quello stesso anno con una competizione per "voiturette" vinta da Pietro Bordino su una Fiat 501. Solo una settimana dopo Bordino concederà il bis, questa volta a bordo di una Fiat 804 a sei cilindri, nella seconda edizione del Gran Premio d'Italia, la prima disputata in Brianza. Il primo GP, infatti, si era corso l'anno prima sul veloce ma non sufficientemente attrezzato circuito semi-permanente di Montichiari (Brescia).
Da quella storica edizione del 1922 il gran premio, per i successivi 100 anni, si muoverà da Monza solo quattro volte: nel 1937 in direzione Livorno, nel 1947-48 a Milano e Torino e l'ultima delle quali nel 1980 ad Imola.

Gli albori del Gran Premio d'Italia

Da quelle pionieristiche origini Monza ha fatto da sfondo ad alcuni dei momenti più gloriosi e tragici dell'automobilismo sportivo italiano. Lungo i suoi infiniti rettilinei asfaltati e le sue curve ancora in calcestruzzo le velocità - complice il rapido sviluppo prestazionale delle autovetture da corsa - aumentano, vertiginosamente però, di anno in anno.

Così, già all'inizio degli anni Trenta, si rendono necessarie le prime modifiche al layout della pista, seguite da quelle del 1938, proprio l'anno in cui a vincere il GP, per la terza volta, fu il mantovano volante Tazio Nuvolari, questa volta al volante di un'Auto Union e non più di un'Alfa Romeo. Il secondo conflitto mondiale porta inevitabilmente alla sospensione di tutte le gare ma il momento più difficile per l'autodromo giunge al termine della guerra quando, sul suo rettilineo principale, ebbe luogo una parata di carri armati e altri mezzi militari alleati che andarono a disintegrare l'asfalto. Il ripristino integrale del circuito è datato 1948 e da allora il numero delle gare disputate sull'autodromo brianzolo cresce vertiginosamente, con il tracciato che dal 1950 diviene tappa fissa, fra le altre, del mondiale di F1, alla sua prima edizione.

A fare la parte del leone fra il 1949 e il 1955 sono due leggende del volante come Alberto Ascari e Juan Manuel Fangio, capaci di conquistare in due 6 edizioni su 7 del GP, tre a testa. Rocambolesca per il cinque volte campione del mondo argentino è in particolare l'edizione del 1952, nella quale egli commise uno dei suoi rarissimi errori.

L'asso argentino aveva corso il sabato precedente in Irlanda del Nord, da lì raggiunto Londra e poi Parigi dove aveva infine scoperto che tutti i voli verso l'Italia erano stati cancellati per maltempo. Fangio decise allora di raggiungere Monza viaggiando tutta la notte su un'auto presa a noleggio. Distrutto dalla stanchezza raggiunse l'Autodromo solo mezz'ora prima della partenza del Gran Premio. Partito ultimo, egli recuperò subito sei posizioni prima di uscire di strada all'inizio del secondo giro, per la stanchezza, finendo tra gli alberi. Solo il casco, divenuto obbligatorio proprio da quella stagione, gli salvò la vita. Ancora oggi una scultura di bronzo a grandezza naturale all'interno del villaggio dell'autodromo ricorda il grande campione che proprio a Monza scrisse alcune pagine indelebili della sua carriera sportiva.

L'Anello Alta Velocità

Il 1955 è l'anno della svolta, in un periodo in cui era fortemente avvertita la necessità di spingere le vetture verso prestazioni sempre maggiori viene infatti deciso di ripristinare il layout originario del tracciato, di 10 km esatti, diviso fra percorso stradale e anello Alta velocità (simile, nello sviluppo, a quello originale del 1922 ma di concezione più moderna).

Quest'ultimo era costituito da due curve semicircolari con un raggio di circa 320 metri unite da due rettilinei di 875 metri ciascuno, per una lunghezza totale dell'ovale di 4.250 metri. L'inclinazione massima delle curve era dell'80% e avrebbe consentito ai piloti di raggiungere i 300 km/h. Vengono ricostruite le curve sopraelevate e con loro nasce anche la leggendaria curva Parabolica, teatro nel 1961 di uno dei più tragici incidenti della storia dell'autodromo. Con il pilota tedesco della Ferrari Wolfgang Von Trips, finito fuori pista a seguito di un contatto, persero la vita anche 11 spettatori.
L'Anello venne realizzato anche per tentare di gemellare Monza con un altro leggendario impianto che con quello brianzolo condivideva fascino, storia e passione: Indianapolis. Fu così che nel 1957 e nel 1958 si disputarono due edizioni della 500 Miglia di Monza, conosciuta anche come "Gare dei Due Mondi".

Entrambe le gare furono vinte dagli americani; la prima fu praticamente disertata dagli europei, mentre nella seconda - pur partecipando due Ferrari e una Maserati - gli americani dominarono ancora senza problemi. La pista dell'alta velocità è stato anche un eccezionale banco di prova e di ricerca sul quale l'imprenditore austriaco naturalizzato italiano Carlo (Karl) Abarth ha costruito buona parte del successo suo e dei suoi modelli, battendo ad esempio nel 1965 (a 57 anni) il record di accelerazione con una vettura di classe E.

Le Varianti degli anni Settanta

Dal 1972 ulteriori modifiche, tutte volte a migliorare la sicurezza dell'impianto, coinvolsero il circuito. Tra queste spiccano le numerose Varianti, le prime delle quali furono introdotte a metà rettifilo principale e alla fine del rettilineo del Serraglio, che ancora oggi rendono Monza un autodromo unico nel suo genere. Le modifiche riescono nell'intento di ridurre le velocità medie sul giro di vetture che, dotate di alettoni e poi in grado di sfruttare l'effetto suolo, riescono a imboccare le curve a velocità sempre più vertiginose.

Dai 239 km/h di media dello scozzese Jim Clark su Lotus nel 1967 si giunge ai 210-212 km/h di Andretti e Peterson, sempre su Lotus, alla fine del decennio successivo. Quello che le Varianti non riusciranno però a evitare del tutto sarà il verificarsi di gravi incidenti, come dimostra l'edizione 1978 del Gran Premio di F1 dove, a seguito di una collisione avvenuta poche centinaia di metri dopo la partenza, Ronnie Peterson perse la vita mentre Vittorio Brambilla si rimise solo dopo alcuni mesi di degenza.

Due ruote e non solo

Il dramma coinvolse anche le due ruote quando, nel 1973, anche qui poco dopo la partenza, al "curvone" noto come Curva Grande il grippaggio di un pistone della moto di Renzo Pasolini provocò una caduta generale che causò la morte dello stesso Pasolini e del finlandese Jarno Saarinen nella classe 250.

Due ruote che a quei tempi continuavano ancora a utilizzare il layout senza chicane giungendo in quel punto a velocità impressionanti. Alla storia di Monza, e ogni tanto ci si dimentica, sono legate anche le due ruote. La manifestazione principale era denominata Gran Premio delle Nazioni, ospitato per ben 27 edizioni, fino alla fine degli anni Ottanta, dall'autodromo brianzolo. Il GP è stato terra di conquista del leggendario Giacomo Agostini, capace di tagliare per primo il traguardo sotto la bandiera a scacchi per ben 13 volte. Nei primi anni Novanta anche il mondiale Superbike fa tappa fissa a Monza, la gara più veloce e più seguita dell'intero mondiale, prova disputatasi fino al 2013 e che ha visto le imprese dei vari Fogarty, Bayliss, Biaggi e Corser. Tornando alle quattro ruote Monza non è solo F1.

Moltissime categorie si sono sfidate sui suoi lunghi rettilinei nel corso degli anni: WEC, WRC, GT World Challenge Europe, Monza Rally Show, European Le Mans Series e la 1.000 Km di Monza, solo per citare le categorie che ancora oggi si danno battaglia sul celebre autodromo. Quest'ultima poi, fino perlomeno a tutti gli anni Sessanta, aveva un pubblico che superava per numeri quello che assiepava l'autodromo per assistere al GP d'Italia di F1.

Il Tempio della Passione

Monza è poi indubbiamente legata anche al destino del più celebre costruttore di auto, Enzo Ferrari, e la sua scuderia. Al nome del Drake (Enzo Ferrari, l'uomo dietro il mito del cavallino rampante), che amava e temeva il Tempio della Velocità, sono legate molte pagine di storia dell'autodromo ma la più commovente è probabilmente quella dell'11 settembre 1988.

Ferrari è scomparso da meno di un mese (la storia di Enzo Ferrari sarà raccontata da una serie TV) e il fato decide di apparecchiare per lui, in una stagione dominata dalla McLaren (capace di vincere 15 gran premi su 16), un meraviglioso commiato che si traduce in una del tutto inattesa doppietta Ferrari con Berger e Alboreto che manda in visibilio la marea Rossa e che non può non sembrare un segno del destino. Le McLaren dominano anche quella gara ma Prost si ritira per noie al motore mentre Senna, che stava viaggiando sicuro verso la vittoria, finisce la sua corsa goffamente contro il doppiato Schlesser a soli due giri dalla conclusione. Le vittorie della Ferrari in Brianza sono 19, più di qualunque altro costruttore, molte delle quali arrivate a inizio millennio grazie alla coppia Michael Schumacher e Rubens Barrichello, capaci di imporsi 4 volte (2000-'02-'03-'04) su 6 edizioni corse insieme al volante della Rossa, dal 2000 al 2005. Post era Schumacher solo Alonso (2010) e Leclerc (2019) sono stati capaci di conquistare Monza al volante di una Ferrari, riunendo una gigantesca folla sotto quello che è considerato uno dei podi più emozionanti del mondo del motorsport. Sospeso sopra il rettilineo principale, se inquadrato dall'alto, sembra quasi fluttuare sopra la "marea rossa".

Monza, infatti, era e rimane tuttora sinonimo di passione, un circuito spesso invaso da quel mare di gente che, dopo aver trepidato sugli spalti, sulle reti, sugli alberi e sopra i cartelloni pubblicitari, si riversava in pista come un fiume in piena per andare ad abbracciare i propri beniamini - talvolta anche quando questi erano ancora impegnati al volante. Da quel gradino più alto del podio un solo colpo d'occhio basta al vincitore per ripagarlo di tutta la fatica, la paura e i rischi presi per giungere fin lì. Anche questa è la magia dell'autodromo di Monza.